Ora le aziende «assumono» gli artisti

C’erano una volta gli sponsor, quelli che finanziavano le mostre accontentandosi del logo aziendale sul catalogo e sugli inviti, o poco più. Oggi molte cose sono cambiate e, complice la crisi ma non solo, le imprese art-oriented le mostre preferiscono farsele «in casa», anziché finanziarle. E gli artisti contemporanei, così come accadeva ai tempi delle committenze papali, si adeguano alle richieste dei nuovi mecenati che sempre più spesso chiedono ai creativi di inventare una nuove veste -un po’ pazzesca- alle loro linee di prodotto. Con risultati a volte sorprendenti.
A Milano, capitale storica dell’arte applicata, esperienze di questo tipo sono sempre più frequenti. Da Ferrero a Birra Amstel, da Richard Ginori ad Amarena Fabbri, dalle acciaierie Marcegaglia al Consorzio per il riciclaggio degli elettrodomestici, si moltiplicano le aziende che promuovono mostre d’arte legate all’immagine del proprio marchio con l’appoggio di artisti, critici e docenti di storia dell’arte. In questi giorni, la Triennale Bovisa espone una collettiva sulle sorpresine dello storico ovetto della Kinder, liberamente interpretate da 21 artisti che utilizzano differenti linguaggi, dalla pittura alla scultura alla fotografia. L'idea dell’originale mostra, le cui opere sono state selezionate da Guido Curto, direttore dell’Accademia albertina di Torino e da Francesco Poli, docente a Brera, ebbe origine da una... sorpresa: quella in cui incapparono i vertici dell’azienda di Alba quando scoprirono che un artista contemporaneo aveva esposto un’opera composta dai pupazzetti delle loro uova di cioccolato. Un’operazione di marketing servita su un piatto d’argento. Da lì a istituire un concorso per una mostra dal titolo «Kinder art» il passo fu breve. Gli artisti, ora in mostra in Triennale, si sbizzarrirono. Ecco allora le colorate sorpresine fare capolino nel dipinto iperrealista dell’artista torinese Sabrina Rocca che inventa con tecnica sapiente un fiabesco autoparcheggio. O ancora gli angioletti e diavoletti di plastica sospesi in un cielo magrittiano realizzato su grafica digitale da Carlo Trevisan. E via di questo passo.
Una galleria privata (Spazioinmostra, via Cagnola 26), ospita invece in questi giorni 33 installazioni commissionate dalla Amstel ad altrettanti artisti, incaricati di inventare la prima «bottle art». Tra i partecipanti, autori italiani già quotati come Vanni Cuoghi, Massimo Gurnari o Piero Addis. Alcuni di loro si erano già ingegnati alcuni mesi orsono in una mostra che in via Tortona ospitava il «premio Fabbri», 18 opere d’arte tra scatti fotografici, oli su tela, sculture post-moderne che interpretavano liberamente la storica azienda dolciaria attraverso le sue simbologie, prima tra tutte il celebre vaso bianco dell’Amarena con i decori blu oltremare.
Sempre a Milano è in corso un progetto promosso da Richard Ginori e rivolto agli studenti under 30 delle Accademie di Belle arti. I giovani talenti sono invitati a curare, in ogni sua fase, la progettazione di un oggetto in pura porcellana, dall’idea alle tavole di studio, dalla relazione descrittiva al prototipo finito.

I vincitori del concorso verranno premiati con la possibilità di vedere entrare in produzione il loro progetto negli stabilimenti Richard Ginori. In tempi di austerity e di disoccupazione, come si suol dire, una mano lava l’altra.

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