Un libro piccolo ma denso, che racchiude lunghi anni: quando hai «iniziato a guarire»? Puoi ricordare un momento, una molla, o è stato un processo inconsapevole, graduale?
«Il processo è stato lento e graduale, a tratti consapevole (solo a tratti): come le piccole forme-unità di un puzzle verso l'ultimo disegno. Spero-voglio che l'unità disegno sia una forma di passaggio verso forme sempre più limpide».
La pagina non è stata un nascondiglio, anzi hai portato la tua esperienza anche in teatro. Tra lo scrivere e il recitare, quale «medicina» è stata più forte, e più
piacevole?
«La pagina è stata la medicina amara più dolce mai ingerita; è stata assoluta catarsi. La penna pareva avere urgenza di correre sul foglio bianco, così pure le dita inesperte sul computer: sudore sano sulla fronte come dopo una gita al forte " Diamante".
Come la malattia, o meglio la guarigione che ne hai saputo trarre, ti ha cambiata nel rapporto con gli altri? e con te stessa?
«I miei occhi vedono il mondo; i miei occhi vedono».
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