Ora gli «okkupanti» dell’ex Regina Elena fanno abusi edilizi

Benvenuti nel far west. Ovvero al grand hotel Regina Elena okkupato. Ricordate il film La finestra sul cortile? 1954, Hitchcock, James Stewart, Grace Kelly... All’ex ospedale di viale Regina Elena, okkupato da Action, ora si gira il remake. Qualche «inquilino» vuole affacciarsi e guardare di sotto? Ascoltare gli uccellini cinguettare sul davanzale? Nessun problema. Quattro colpi di piccone bene assestati, et voilà, ecco una bella finestra. Non sarà a regola d’arte, ma vivaddio, adesso al risveglio splende il sole. Altro che licenza edilizia, ufficio tecnico, geometra, permesso della sovrintendenza, pagamento della tassa... Per gli okkupanti del Regina Elena la legge è quella del subcomandante Marcos, del Chiapas. Ovvero, quella della jungla.
A portare alla luce la storia è Giovanni Provenzano, consigliere Pdl del III Municipio. «Una settimana fa - racconta - passavo per caso davanti al Regina Elena, e ho visto la novità. A qualcuno serviva una finestra, è evidente. Dentro è pieno di romeni, notoriamente abili muratori, ci hanno messo poco. I vigili? In teoria dovrebbero intervenire, verbalizzare, avvisare il magistrato. In pratica, chissà».
L’ex ospedale per la cura dei tumori è okkupato dal 22 giugno 2007. Quel giorno arrivarono dalla sera alla mattina circa 200 famiglie. Romeni, sudamericani, senegalesi, sudanesi. Ma anche non pochi italiani. 600 persone. Un viavai di furgoni. Brandine, tavoli, frigoriferi, tv, lavatrici. In un batter d’occhio l’ospedale diventa un mega-condominio. Gabinetti di radiologia, laboratori, sale Tac: ogni locale un mini-appartamento. Apparecchiature, strumentazioni, registri, rubriche (con dati sensibili, in qualche caso le schede cliniche) in parte sono finiti in un magazzino, in parte non si sa. Al balcone è tuttora appeso uno striscione con la scritta in rosso: «Action, Ministero del diritto all’abitare». «Siamo pronti a lasciare lo stabile - annunciarono 17 mesi fa gli okkupanti - a patto che torni ad essere un vero ospedale, e venga dato un tetto a tutti quanti». Sottinteso, dal Comune di Roma o dall’Ater.
Da allora sono passati oltre 500 giorni. Molta acqua è passata sotto i ponti. Lo stabile del Regina Elena deve essere ristrutturato, diventare la nuova clinica ematologica del Policlinico Umberto I, il progetto è approvato, i soldi ci sono. Ma è tutto bloccato. Tutto fermo al 22 giugno 2007. Nessuno (Università La Sapienza, Policlinico, Regione Lazio, Prefetto) si è preso la responsabilità dello sgombero. E gli okkupanti a fare le valigie da soli non ci pensano proprio. Lì stanno, lì restano. Come dice il sommo Leonardo Da Vinci: quando il peso è posato, lì si posa. Sottinteso, a due passi dall’università, da Termini, dal centro, e chi se ne va più? «Alcuni hanno ottenuto perfino la residenza - racconta Provenzano -. Il minisindaco Marcucci, Pd, ha giustificato la decisione col fatto che certi avevano i bimbi piccoli da mandare all’asilo nido, serviva la residenza. Finora l’hanno ottenuta 22 persone, ma in Municipio ci sono già altre 71 domande». Il problema è che dentro il Regina Elena, però, non ci sono solo senzatetto. «Alcuni hanno la residenza anagrafica fuori regione, sono lavoratori che usano lo stabile come punto d’appoggio - spiega Provenzano -.

Altri sono universitari fuori-sede. Come faccio a dirlo? Perché fra le residenze chieste (o concesse) figurano anche queste. Certo, i vigili... dovrebbero saperlo». Al nuovo Prefetto Pecoraro la domanda è d’obbligo: che vogliamo fare?

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