Dispiace per lArma dei carabinieri e per lodioso comportamento di quattro di loro che avrebbero ricattato il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo. Penso allo sgomento, alla tristezza dei buoni carabineri che conosco e frequento, di quelli che si sono trovati nella spiacevole condizione di arrestare i loro indegni colleghi. È un aspetto su cui mi sembra altrettanto opportuno riflettere non meno che sullodioso episodio e sulla singolare reazione del presidente della Regione.
Certo, vittima. Però qualcosa non torna, e non perché Marrazzo si debba vergognare di unintimità non solo lecita ma consentita a chiunque nella sfera privata, con lunica limitazione di non rendere nota una storia che potrebbe mortificare la moglie, compromettere lequilibrio familiare di Marrazzo, ma per unaltra ragione.
Il video, non il ricatto che non vi fu in quelle circostanze nonostante la ripresa clamorosamente abusiva, ricorda quelli che, in televisione e in fotogrammi sui giornali, furono girati nella casa del presidente del Consiglio, a Palazzo Grazioli. Ovunque diffusi e ovunque commentati con risultati devastanti per limmagine del premier.
Certo, Berlusconi è più noto di Marrazzo e le sue vicende private riscontrano maggiore interesse e curiosità. Non hanno avuto, per esplicita dichiarazione del pubblico ministero, alcuna rilevanza penale nonostante il disinvolto uso di escort, per ottenere favori e vantaggi (ma non asseritamente dal premier), di Tarantini. Eppure, senza limiti e senza ritegno (forse non dovuti), sono state largamente diffuse e hanno interferito anche pesantemente sullazione politica del presidente del Consiglio. Anche un presidente di Regione, sia pure meno noto di Berlusconi, ha un analogo ruolo istituzionale ed è una figura politica rappresentativa.
Eppure Marrazzo può dire: «È un gossip... voglio ribadire che è soltanto un gossip senza fondamento». Ne deriva che, oltre allindagine e allarresto dei carabinieri ricattatori, ogni riferimento alla sfera privata e al contenuto del video che lo ritrae non può essere in alcun modo messo in riferimento colla sua attività politica, e probabilmente neppure usato per valutare la sua dignità morale rispetto alla funzione pubblica.
Se passa questa linea di Marrazzo, allora deve finire questa ossessione delle dieci domande di Repubblica e dei sei mesi di rubriche fisse che lhanno trasformata in Repubblica 2000 collaltissima indignazione etica di Giuseppe DAvanzo.
Se ci saranno risparmiate le dieci domande a Marrazzo possiamo sperare che le vicende berlusconiane e le fotografie a Villa Certosa e i filmati a Palazzo Grazioli ritornino nella sfera del gossip anche senza lintervento di quel «garante della privacy» che fu Fabrizio Corona, al tempo del quale la materia era trattata collofferta di immagini private, e compromettenti, al diretto interessato. Quello che in sua vece hanno inteso fare i quattro carabinieri, dimenticando di essere non imprenditori di unagenzia fotografica ma forze dellordine cui non è consentito né proteggere con favori né ricattare.
Ma se non vedremo comprato a peso doro da qualche televisione o giornale, il filmato osé di Marrazzo potremo sperare, dora in avanti, di non vedere più letti o bagni o piscine di nessun uomo pubblico, raggiunti col teleobiettivo o ripresi attraverso il buco della serratura.
Gossip e politica possano dunque stare - Marrazzo docet - in stanze, e magari case, separate.
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