Bastava guardarlo ieri sera, negli studi di Ballarò. Altro che presidente della Camera. Il partigiano Gianfranco Fini contro il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini. Per il leader del Fli è iniziata la campagna elettorale: sia nei salotti buoni della Rai, sia a Montecitorio. Una mancanza di "terzietà" che non è passata nell'indifferenza della Camera, dove adesso la maggioranza è tornata a chiedere la testa dell'ex leader di Alleanza nazionale. "Il suo comportamento di questo giorni è inopportuno: chi presiede la Camera non può sedere in uno studio televisivo al livello di altri leader politici", ha tuonato il leghista Marco Reguzzoni mentre i deputati del Carroccio e del Pdl urlavano: "Dimissioni, Dimissioni!".
Una situazione senza precedenti. Mai avvenuto nemmeno nella Prima Repubblica. Un capo-popolo, un leader di partito, un fervente esponente dell'anti berlusconismo: questo è diventato Fini. Da confondatore del Pdl a presidente della Camera (grazie ai voti della maggioranza) per poi uscire dal quel ruolo istituzionale che richiede innanzitutto di essere super partes. Oggi l'ennesimo, durissimo, scontro alla Camera. Con Reguzzoni che accusa: "La Lega è una forza pacifica e responsabile, ma non tollera soprusi né ingiustizie". Per l'esponente del Carroccio è inopportuno che Fini si faccia partecipe di dibattiti con valutazioni politiche: "Uno che fa politica non può sedere sul seggio più alto della Camera". Poi la denuncia. Reguzzoni attacca il leader del Fli per la "caduta di stile" nell'aver coinvolto Manuela Marrone, moglie del ministro delle Riforme Umberto Bossi, nel dibattito di ieri sera a Ballarò sulle pensioni. "Ha offeso tutti quelli che hanno pensioni in regola con le leggi, giuste o ingiuste che siano, in vigore quando sono andati in pensione", ha attaccato Reguzzoni ricordando che, quando era in vigore la legge sui baby pensionati, la Lega non era ancora in parlamento, mentre Fini sì e "non ha fatto nulla per eliminarla". Più concisa la reazione del Senatùr che si è limitato a "mandare a quel paese" Fini.
Subito dopo si sono scaldati gli animi. E il presidente di turno dell’assemblea, Rosy Bindi, si è vista costretta a sospendere la seduta mentre parlava il vicepresidente del Fli Italo Bocchino e dai banchi dei lumbard si levava il coro "Dimissioni, dimissioni!" nonostante Fini fosse assente. Le urla sono diventate l'occasione per scatenare la rissa. Claudio Barbaro, deputato futurista, si è scagliato contro i banchi della Lega capitolando contro Fabio Rainieri. Al di là della baruffa (divenuta un classico), il problema Fini è tutt'altro che risolto. Anzi. Proprio per questo il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto ha fatto sapere che la maggioranza ha intenzione di "investire" il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano della "situazione di difficoltà istituzionale determinata dal comportamento" di Fini.
Una presa di posizione, quella della maggioranza, che non è affatto piaciuta all'opposizione che, da Antonio Di Pietro a Dario Franceschini, si è schierata tutta a difesa del partigiano Fini che, per il momento, non vuole replicare.
"Non è questa la sede in cui il presidente della Camera può dare risposte politiche - ha detto il leader del Fli - se lo facessi avallerei l’accusa di partigianeria nei miei confronti che ritengo insussistente. Saranno altre le sedi in cui, se lo riterrò eserciterò il diritto di replica". Adesso il diktat delle opposizioni sarà: salvare il partigiano Fini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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