«Ora vi racconterò la vita di Morandi e di Sabrina Ferilli»

Intervista alla campionessa di ascolti: «Arriva X Factor, un altro talent? Sono un’apripista, da me lo show lo fanno i ragazzi, non io»

da Roma

Il successo di Maria De Filippi è come l'impero di Carlo V di Spagna. Sopra di esso non tramonta mai il sole. A calcolare che sono almeno dodici anni che, coi titoli di punta di C'è posta per te, Amici e Uomini e donne, la bionda e inflessibile signora sostiene le fasce nevralgiche dei palinsesti Mediaset, non c'è chi non sbalordisca. E tutti - ammiratori adoranti come detrattori motivati; colleghi invidiosetti quanto semplici spettatori - ugualmente si scervellano per capire come faccia, l'infallibile campionessa dell'Auditel (Amici sfoggia il 32 per cento di share al pomeriggio e punte del 40 alla sera; C'è posta ha sistematicamente vinto su tutti i concorrenti: Dalla-Ferilli, Panariello, Morandi, Carlucci, Clerici) ad arrivare sempre prima. E sempre con quell'aria da «ma io non ci tengo»: senza mai esporsi, senza esibire nulla di sé. E nonostante l'uso di sistemi non di rado opinabili, talvolta molto criticati. O forse proprio grazie a questo?
Insomma: l'unica che può spiegare il successo di Maria De Filippi è - a questo punto - Maria De Filippi.
«Sono sempre stata convinta che il mio ruolo sia quello della mediatrice. Protagonisti dei miei show sono i miei ospiti e le loro storie: non io. Io non potrei aggiungere niente di più a quel che loro stessi sono: perché lo show sono loro. Per questo, anche se si tratta di persone comuni, io li metto sempre in primo piano, e perfino quando ospito dei vip faccio un passo indietro. Inoltre non penso, come alcune mie colleghe, che il successo di un programma dipenda anche dal vestito che indossi. Al contrario: m'è successo di dover registrare in luglio alcune ospitate di C'è posta, quella con Cannavaro e con Bosé, per poi mandarle in onda a settembre. Nel frattempo avevo perso l'abbronzatura e i miei capelli si erano allungati. I truccatori erano preoccupati. Ma io ho risposto: se la gente a casa se ne accorge, vuol dire che guarda me invece del programma. E che il programma sta andando male. Be’: nessuno se n'è accorto».
Nessuno ha mai visto la De Filippi piangere. La De Filippi non esulta come la Carrà, non prorompe in gridolini come la Clerici, non sorride radiosa come la Carlucci. La De Filippi appare impassibile anche di fronte ai drammi che racconta. Tutto calcolo o solo natura?
«Nella vita privata mi commuovo o m'appassiono anch'io. Diciamo che a casa somiglio emotivamente ai miei ospiti televisivi. Ma in tv m'impongo di tenermi tutto dentro. Lo ripeto: io sono solo una mediatrice. Credo che questo sia il sistema migliore. E sono anche convinta che sia questo, che che il pubblico vuole».
Ma il successo va anche alimentato. Dopo dodici anni di Uomini e donne, undici di C'è posta per te, e sette di Amici, non sente voglia di cambiare?
«Ma io cambio quasi tutti i giorni! Nessuno di questi tre programmi è oggi com'era dieci anni fa: dentro c'è uno sviluppo interno continuo, dettato dai gusti del pubblico, da strategie aziendali. Quando quest'anno la Rai m'ha messo contro Il treno dei desideri, ho telefonato al produttore Bassetti: “Guarda che ci facciamo male tutti e due”, gli ho detto. Non perché avessi paura: io non sottovaluto nessuno e così non ho paura di nessuno. Ma trovavo dannoso per tutti cimentarsi sullo stesso genere. Quando poi ho visto che facevano storie drammatiche molto simili alle mie, allora ho virato C'è posta verso contenuti più leggeri, più divertenti. Risultato dell’ultima sfida tra i due programmi in sovrapposizione: C'è posta ha fatto il 33 per cento, Il treno il 17».
Anche Amici è cambiato, e secondo molti non in meglio, passando dalla freschezza del talent show alla litigiosità del reality. Ora si accapigliano fra loro perfino i professori.
«Però si tratta sempre di litigi inerenti ad argomenti artistici. I professori litigavano anche prima, solo che non si vedeva. E ora, mostrandolo a tutti, siamo arrivati a far dibattere la gente su cos'è la danza, su cosa significa un “vibrato” quando si canta».
E progetti totalmente nuovi non ne ha? Neppure ora che con Mediaset ha firmato per altri cinque anni in esclusiva?
«Tutti mi dicono che il mio punto di forza sia raccontare gli altri, raccontare le persone. Sto pensando allora a due speciali, dedicati a divi. Gianni Morandi, del quale e col quale racconterò la storia privata e pubblica: quarant'anni intrecciati alle vicende di questo Paese, nei successi come nelle fragilità. E Sabrina Ferilli; assieme alla quale credo mi divertirò molto attraversando confidenze e ricordi».
Il successo è spesso insidiato da chi prova a ricalcarlo: dopo Operazione trionfo con Miguel Bosé e Academy con Michelle Huntziker, che invano cercarono di copiare Amici, ora in primavera Raidue dovrebbe proporre X Factor, format britannico di successo stellare su una scuola di canto, affidandolo forse a Simona Ventura, mentre già oppone ad Amici del sabato pomeriggio lo show di musica giovane Scalo 76.
«Io sono contenta di aver fatto da apripista. Perché io sono arrivata prima di tutti costoro: prima di American Idol, di Pop Idol di Operazione trionfo e anche di X Factor. Non dico che abbiano tutti copiato da me; diciamo che di sicuro io non ho copiato da loro. E sono orgogliosa di aver creato dei format venduti in tutto il mondo (C’è posta in venti Paesi), che anche in Italia molti mi hanno copiato. Come Alda D'Eusanio, quando rifaceva Uomini e donne con Al posto tuo».
E quando a copiare è stata lei? La Carrà non le perdona di aver rifatto Carramba con C'è posta.
«Con tutto il rispetto per la Carrà, in C'è posta non c'è nulla di Carramba. Lì avevamo delle sorprese; da me si tratta di aprire o meno una busta. Cioè di fare delle scelte».
Ma quando non lavora per la tv, quale tv guarda?
«Impazzisco per i telefilm americani. Dr. House, Grey's Anatomy, 24.

Guardo anche La storia siamo noi e Zelig».
E L'Isola dei famosi?
«L'Isola non è il genere che amo. E poi al mercoledì ho la registrazione di C'è posta. Ma Simona è la migliore presentatrice per quel tipo di programma».

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