Politica

Ordigno contro l’Italia, paura a Barcellona

Potrebbe essere la vendetta per l’arresto di alcuni estremisti

Emanuela Fontana

da Roma

Un cane poliziotto è morto, il portone principale è andato distrutto e un agente della Tedax, il gruppo artificieri della polizia spagnola, è rimasto ferito a un braccio. Potevano essere più gravi le conseguenze dell’esplosione all’Istituto Italiano di Cultura di Barcellona, ma proprio perché quel luogo non è nuovo alle minacce, alcuni dipendenti ieri mattina si erano insospettiti nel vedere una caffettiera da cui fuoriuscivano dei fili di fronte all’ingresso di Pasaje Mendev Vigo numero cinque. E così hanno deciso di chiamare la polizia, che ha disinnescato l’ordigno con qualche problema: ma ora segue una pista precisa. Quella degli anarcoinsurrezionalisti italo-spagnoli.
La Tedax è arrivata in forze, alle otto del mattino, con agenti e unità cinofile. La zona è stata isolata e l’area di sicurezza è stata estesa alle vie Aragon e Consell de Cent. Ma proprio uno dei cani, un giovane labrador di nome Pretto, ha inavvertitamente urtato contro la caffettiera. L’esplosione lo ha scaraventato a cinque metri di distanza, uccidendolo. Ed è rimasto ferito l’agente che lo teneva al guinzaglio: gli sono già state tolte le schegge al braccio in ospedale, non è grave. L’ordigno è «rudimentale» hanno precisato subito dalla Farnesina, che si è messa subito in contatto con le autorità spagnole attraverso il consolato a Barcellona. Un portavoce di Casa Italia nella capitale catalana ha spiegato al quotidiano El Paìs che sia il consolato che Casa Italia che l’Istituto italiano di cultura avevano ricevuto recentemente diverse minacce. Sul muro dell’edificio in Pasaje Mendez qualcuno ha dipinto tra l’altro una grande A, il simbolo anarchico. L’Istituto di cultura si trova all’interno di una sorta di «triangolo italiano»: a poca distanza ci sono Casa Italia e la scuola italiana di Barcellona.
Secondo la polizia spagnola l’attentato potrebbe essere legato all’arresto, a maggio in Italia, di cinque membri della Federazione anarchica informale accusati di un attentato al tribunale di Viterbo nel gennaio 2004. Ma potrebbero esserci dei legami anche con l’arresto in Spagna di Francesco Gioia, un presunto appartenente alle Cellule Offensive Rivoluzionarie (Cor), fermato a Barcellona sempre a maggio. Gioia era evaso dagli arresti domiciliari, è tutt’ora recluso in Spagna. L’episodio più recente legato agli anarco-insurrezionalisti è l’arresto di sette giovani, di cui per tre è stato deciso il carcere preventivo, durante una manifestazione che si è svolta il 25 giugno a Barcellona proprio in solidarietà con gli anarchici detenuti in Italia e in Spagna.
Ieri si è svolta una riunione tra il delegato catalano del governo, Joan Rangel, e i funzionari del consolato italiano. Rangel ha spiegato che «già da alcuni giorni avevamo avvisato il consolato che era stata riscontrata una maggior attività di questi gruppi anarchici». Molte scritte inneggianti alla liberazione degli anarchici italiani erano comparse sui muri intorno a Pasaje Mendez Vigo. Gli impiegati dell’Istituto culturale «hanno agito con cautela - ha chiarito il delegato catalano - perché erano stati avvisati su come dovevano comportarsi». Secondo la ricostruzione di Rangel, la prima a notare la caffettiera sarebbe stata la donna delle pulizie, insospettita anche dal fatto che la porta verso il giardino, fatto insolito, era aperta. Secondo i primi riscontri della polizia spagnola, che si è messa in contatto con gli inquirenti italiani, l’ordigno, con innesco a pressione, è molto simile alle bombe di accertata fabbricazione anarchica esplose in diverse occasioni in Italia. «Non sembra una minaccia terrorista - ha valutato il console italiano Franco Giordano, come riporta il quotidiano La Vanguardia - . Mi pare una dimostrazione, perché con questo ordigno non si voleva uccidere né ferire nessuno». Anche se ha ammesso che «in un primo momento l’idea era un’altra, ma non sembra una minaccia terrorista anche se niente si può escludere al 100%».

Giordano smentisce che fossero arrivate in precedenza minacce dirette all’Istituto, ma spiega che a giugno si era svolto un vertice sulla sicurezza al consolato a cui avevano preso parte tutti i responsabili degli organismi italiani a Barcellona.

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