Ore 18.40, in sede arriva Mori e il Pd capisce di aver perso

La prudenza iniziale lascia spazio all’ottimismo per i primi dati Poi in piazza De Marini cala il buio

Ore 18.40, in sede arriva Mori e il Pd capisce di aver perso

Un saliscendi con una svolta. Alle 18.40. È sicuramente una coincidenza, ma è anche il momento in cui nella sala stampa della sede del Pd di piazza De Marini compare Giancarlo Mori, l’ex presidente della Liguria battuto da Sandro Biasotti. Fino a quel momento persino i dirigenti molto cauti del Pd si erano sbilanciati. Ma sì, i dieci seggi arrivati, sparsi per la città ma soprattutto nel levante più ostile, davano garanzie assolute. Il Pd guadagnava 9.2 punti sull’Ulivo del 2006, Di Pietro arrotondava, la coalizione di Berlusconi migliorava di poco solo grazie alla Lega. I tg nazionali anticipavano un insuccesso del centro sinistra, ma lo facevano con i guanti di velluto, quasi a dirlo poco per volta, soprattutto nei numeri. La Liguria, invece era data per scontatissima al Pd.
Poco prima delle 18 la seconda infornata di cifre. Entusiasmanti. I seggi campione definitivi al Senato erano diventati 500 ed erano stupendi per Ubaldo Benvenuti e compagni: Pd, più 6.32; Di Pietro, più 2.90. Tutto il gruppo Berlusconi più 3.94. E l’incremento era su una regione già vinta due anni fa seppur grazie all’apporto della Sinistra Arcobaleno. Ma erano dati genovesi, cittadini. Una manciata di chilometri più in là era in atto il tracollo.
Per un po’ i dati non vengono aggiornati. Claudio Gustavino, senatore sicuro, non infierisce sulla scomparsa della Sinistra Arcobaleno, mentre in tv va in onda un battibecco tra Ubaldo Benvenuti e Stefano Quaranta, che rimprovera la mancata alleanza tra le sinistre. Le proiezioni danno la Liguria strasicura a Veltroni, con 3 o 4 punti. E allora perché nessuno parla? Perché anche quando ci sarà il dato definitivo e reale, la Rai continuerà a fornire l’ultima proiezione che si ostina a spingere la Liguria a sinistra. Ma in casa Pd sanno che non è così. «È presto per parlare - accenna un dirigente -. Stanno arrivando sezioni brutte». Il sorpasso arriva puntuale, poi il Pd rimonta, va avanti. Eppure l’umore non cambia. Da Imperia arrivano buoni segnali per Veltroni, ma non abbastanza per sperare in una terra «impossibile». Savona è un disastro: oltre 9 punti di vantaggio per il Pdl. E Spezia non sfonda.
Alle 20.10 si rassegna a parlare anche il leader ligure del Pd, Mario Tullo: «Si partecipa per vincere - riconosce con classe - Non possiamo non prendere atto del successo del Pdl. Ma in questo dato mi piace sottolineare che rispetto al resto del Nord il Pd tiene benissimo, anzi cresciamo. In questo momento, siamo perdenti al fotofinish al Senato. Errori? Rimorsi? No, gli elettori hanno sempre ragione. In Regione non prevedo problemi». Mezz’ora e parla anche Roberta Pinotti mentre nei corridoi arriva qualche militante e un manipolo di rappresentanti di lista con gli occhi sgranati: «Ma come è possibile?» si chiedono.

Mentre Graziano Mazzarello, il grande escluso, ammette: «Per forza, come potevano presentarci a Savona e alla Spezia senza gente del territorio?» La Pinotti, si diceva: «Al Pd va riconosciuta la scelta che ha semplificato il sistema politico - esordisce -. E poi in Liguria abbiamo aumentato del 20 per cento i nostri voti. La Lega non è una dato solo ligure, ha saputo intercettare i temi sentiti dalla gente come la sicurezza, gli immigrati, i nomadi».

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