Ospedali, come programmare la territorialità

È ormai sin dalla finanziaria 2005 che il governo, di fronte al quadro economico devastante della sanità regionale, chiede alla regione di elaborare una nuova strategia che affronti con fermezza i problemi, a cominciare dalla riorganizzazione della rete ospedaliera pubblica e privata. Il Lazio è un caso unico a livello nazionale perché, accanto a un livello qualitativo di assistenza simile alle regioni del nord, si caratterizza per una condizione strutturale assolutamente peculiare. Nel Lazio la rete ospedaliera è per circa la metà pubblica e per l’altra metà privata e privata classificata. A Roma, caso unico in Italia, insistono ben cinque policlinici universitari di cui tre pubblici, con un bacino di utenza studentesco interregionale e nazionale.
Il sistema nel suo complesso è sovradimensionato e presenta discreti punti di criticità. La rete territoriale, a partire dal sistema delle cure primarie, alle strutture ambulatoriali, residenziali e semi-residenziali, case di riposo, riabilitazione, lungodegenze è sottodimensionata rispetto alla rete di ricovero, ma sicuramente la rete di ricovero pubblico-privata privilegia i posti di ricovero in elezione rispetto ai posti per l’emergenza urgenza. È altrettanto evidente lo squilibrio distributivo dei posti letto rispetto agli ambiti territoriali per cui esistono carenze in alcune aree di Roma con alta popolazione residente, rispetto a ridondanze in zone meno popolose. Il sistema dell'emergenza, che è quello a maggiore impatto sui cittadini e sulla salute è in perenne sofferenza nei Dea di I e II livello, in cui la disponibilità di risorse di ricovero è quasi sempre inversamente proporzionale alla dimensione degli ospedali. D’altra parte, dopo anni di discussioni sterili, il Lazio è ancora caratterizzato dalla presenza di alcune strutture ospedaliere che, per posizione geografica, ridotta dimensione e ristretto bacino di utenza, comportano costi di gestione non sostenibili rispetto ai servizi erogati.
Nei confronti di queste strutture si deve procedere subito a disattivazioni, riconversioni, diversa destinazione, ottimizzando l’offerta ospedaliera sull’intero territorio regionale ed eliminando le inefficienti allocazioni delle risorse produttive e di personale.
Questo nuovo modello per il riordino della rete ospedaliera dovrebbe però usare un metodo nuovo, cioè leggere finalmente in termini di integrazione e/o di sistema l’insieme dei presidi pubblici, privati, religiosi classificati, classificati, conferendo a tutti le medesime regole sia strutturali che economiche e imponendo a tutti una modalità univoca di rientro economico per il superamento del disavanzo. Se non si esce dalla logica storica di contrapposizione ideologica, e non solo, tra sostenitori del pubblico e sostenitori del privato o tra sostenitori del primato delle università o del primato degli ospedali, la questione del piano di rientro non troverà sbocchi e potrà solo aggravarsi.

Per questo le strutture di ricovero dovranno accettare le riconversioni andando verso modelli integrati in cui ad esempio le strutture private mettano a disposizione risorse di ricovero finalizzate a rafforzare la rete ospedaliera e a consentire la disponibilità di maggiori risorse per la rete dell’emergenza perennemente sotto pressione e carente per posti letto utili a rispondere all’urgenza. 1) continua
(*) Coordinatore regionale vicario del Pdl ed europarlamentare del Ppe

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