Da ostile a ospite e viceversa: un saggio per capire lo straniero

«Amate lo straniero - recita il Deuteronomio (10,19) - perché anche voi foste stranieri nella terra d’Egitto»: è un invito ricorrente che troviamo scandito non solo nelle pagine dell’Antico e Nuovo Testamento. Nell’Ecuba, la celebre tragedia di Euripide, leggiamo che essere echtroxenos (nemico dello straniero) è «nefando, innominabile crimine, empio, intollerabile». E tuttavia, nonostante abbiamo alle spalle questa consolidata tradizione di pensiero - che prosegue per un lungo periodo della latinità -, non solo non abbiamo imparato ad amare lo straniero. Ma ci mostriamo sempre un po’ riluttanti, diciamo così, a dargli ospitalità. È forse perché siamo un po' tutti incorreggibilmente egoisti? È vero o no che quando ci imbattiamo nello straniero, è una incontrollata sensazione di paura che improvvisamente ci assale? È a questi interrogativi che prova a rispondere il filosofo Umberto Curi, nel suo bel libro Straniero (Cortina, pagg. 174. euro 12,50).
Curi parte dalla riflessione sul termine tedesco Unheimlich (inconsueto, estraneo, non familiare, perturbante) - rivelandone la costitutiva ambiguità semantica. Ambiguità che del resto contrassegna sia il termine greco xenos, sia il termine latino hostis. Che significano entrambi «straniero». Da che cosa è data questa ambiguità? Dal fatto - osserva Curi - che non c’è nulla di più inconsueto di ciò che appartiene alla sfera domestica. A possedere una carica inquietante è ciò che ci sta più vicino. Straniero, insomma, è paradossalmente ciò che ci è più familiare.
Cosa vuol dire questo? Innanzitutto che, così come è sbagliato identificare lo straniero (hostis) con il nemico, è altrettanto sbagliato identificarlo con l’ospite (hospes). Lo straniero - ci dice Curi - è contemporaneamente sia ospite che nemico. È per questo che ci inquieta. Se, per un verso, la sua presenza ci obbliga all’ospitalità, dobbiamo essere consapevoli che tale ospitalità può tramutarsi per noi in minaccia. In un pericolo.

Di per sé sempre fonte di inquietudine, con lo straniero siamo tuttavia obbligati a fare i conti. Consapevoli che la nostra ospitalità può rendercelo familiare, amico. Ma può rendercelo anche Unheimlich, ostile. E cioè nemico. Ecco perché, nonostante quella amorevole tradizione, non possiamo amarlo.

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