Ottant’anni di reti al contrario per i bomber eredi di Zoccola

Il napoletano segnò la prima in serie A nel ’29 Ma nella leggenda è entrato soltanto Niccolai

Ottant’anni di reti al contrario  
per i bomber eredi di Zoccola

Biagio aveva la faccia del bravo ragazzo e il nome da venduto. Era un tipo taciturno, un settentrionale buono come il pane, sempre pronto ad aiutare un compagno, ma anche chi amico suo non era stato mai. Giocava half, come si diceva una volta, centrocampista laterale, ma gli piaceva di più andare a caccia, giocare a carte, frequentare il tabarin, ma di sposarsi no, non aveva nessuna voglia anche perchè con quel cognome lì chi vuoi che volesse diventare mai la sua signora. È sempre stato sulla bocca di tutti Biagio, anche oggi i tifosi lo ricordano tutte le domeniche specie quando parlano della mamma dell’arbitro. Soltanto una volta se l’è vista brutta. In ritiro con il Napoli in un albergo di Torino, era la vigilia della prima domenica del primo campionato a girone unico, stagione ventinove-trenta, la madre di tutti i campionati moderni. Faceva flanella con i compagni, dopo cena, nella hall dell’hotel quando la porta si spalancò, c’era un tipo furibondo sulla soglia, con il revolver in pugno: «Zoccola! Ma io ti ammazzo... non fermatemi che io l’ammazzo senza pietà...».

Raccontano che Biagio quasi svenne dalla paura, che cercò rifugio dietro una poltrona, che ci volle un bel po’ per spiegargli che l’uomo non ce l’aveva con lui, ma con la moglie beccata con l’amante in quell’albergo come una zoccola qualsiasi. Dicono fosse per colpa di quello choc che Biagio il giorno dopo decise di entrare nella storia dalla porta sbagliata. Dopo dieci minuti di partita mise il piedone tra il portiere e una punizione di Cevenini III, cambiando la traiettoria della partita e un po’ forse i destini del calcio. Il primo autogol, ottant’anni oggi, regalato alla Juventus. L’autogol. Il più comico e il più eroico degli errori, un suicidio assistito, un omicidio preterintenzionale, il colpo che parte per sbaglio dalla pistola che stai ripulendo, unico come il tunnel, il palo, il rigore, ma irripetibile in qualunque altro sport.

Ha i suoi eroi capovolti, i suoi campioni all’incontrario, i suoi eretici da dare alle fiamme. Come Frank Sinclair, incubo del Chelsea, capocannoniere del mondo, 25 autoreti lui da solo, un Cristiano Ronaldo riveduto e scorretto. Entrano nel tabellino marcatori come Tafazzi, dopo l’aut con il punto, nelle parentesi con la sigla del nemico: Staf Van den Buys, che decise in proprio con una tripletta Anderlecht-Germinal 3-2; Chris Nicholl che di gol ne fece quattro due per la patria e due per il nemico in Aston Villa-Leicester 2-2; Denny Evans che segnò il suo per rabbia, all’ultimo minuto, scambiando un fischio che arrivava dagli spalti per quello finale dell’arbitro; Mahamadou Kere che il suo lo buttò dentro per rassegnazione dopo che il portiere aveva steso in area un avversario, pensava che l'arbitro concedesse il rigore e invece nemmeno lo aveva visto. L’autogol è la parodia di una catastrofe, il caso che confonde, l’iceberg che affonda il Titanic, otto volte su dieci lo segnano nella ripresa, in genere tra il 61° e il 75° minuto, solo undici volte su ventisette è stato decisivo ai mondiali, sette per una vittoria, quattro per un pareggio, quello più importante, dell'uruguaiano Luis Cruz, regalò solo il terzo posto all'Austria, mondiali 1954. Imperiale e definitivo fu invece il colpo di testa del basco Geli Delfi che accoltellò alle spalle l’Alaves rimasto in nove contro undici, a quattro minuti dalla fine del secondo supplementare, 4-4 con il Liverpool, finale di coppa Uefa, la prima e ultima finale decisa dal golden autogol, dal «sudden death», la morte improvvisa che diventa suicidio.

Di autogol morì, ma sul serio, Pablo Escobar, che con una scivolata fuori tempo spedì lontano dai mondiali americani la Colombia: lo aspettarono in quattro a Medellin, davanti al ristorante «grazie per l’autogol...» gli gridarono scaricandogli addosso dodici colpi di mitraglietta.

Il Maradona del fuoco amico però era Niccolai. Quelli di Comunardo non erano autogol ma capolavori rovesciati, un altro modo di vedere la vita, una prospettiva che ridisegnava il mondo. Dicono che certe traiettorie ad effetto fossero colpa della particolare piega dei suoi capelli.

Era l’unico amato dai tifosi altrui: «Quando la loro squadra non riusciva a segnare mi gridavano: Niccolai pensaci tu...». Perchè anche se tradisci un amico non vuol dire per forza che sei cattivo. Al massimo un figlio di Zoccola...

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