nostro inviato a Padova
Se qualcuno vorrà definirla «una storia di provincia», lo faccia pure, ma avrà soltanto l’alibi della localizzazione geografica. Perché, pur se fisicamente piccola, questa vicenda è grande nel significato. Sintetica come eloquente. Elementare quando istruttiva.
Succede infatti che alle porte di Padova, subito dietro a quella sorta di autostrada che con sottostima viene chiamata «via» Venezia, stia andando in scena l’incredibile. Ma tuttavia possibile. Perché lì, proprio alle spalle del centro commerciale Giotto, in un’area che era stata ottimisticamente adibita a parcheggio, ma perennemente vuota dopo che vi si erano installati in pianta stabile, con il loro bagaglio di veleni e di violenza almeno 250 spacciatori di droga nordafricani e di altre svariate etnie, sta succedendo un miracolo. Con bandiere tricolori al posto dei cosiddetti negozi etnici, magari pure «equi e solidali», tanto cari alle Milly Moratti e compagnia inutile. E con le mamme corredate di marmocchi che possono ritornare a parcheggiare proprio lì. Al posto degli spacciatori. Finalmente sicure e tranquille.
Siccome ogni bella storia ha un suo protagonista, anche questa ne ha uno. Non sarà un gigante, non ricorderà il Principe azzurro, ma ha tanta grinta da vendere. In parte perché l’onorevole Filippo Ascierto, napoletano, ex An (ora Pdl), rieletto al quarto mandato nel collegio di Padova, ha al proprio attivo vent’anni come maresciallo dei carabinieri nel nucleo radiomobile di Roma; in parte perché il suo modo di fare politica ricorda tanto quello (non se ne abbia) della Lega. Concreto, a testa bassa, vicino alla gente.
La storia vuole comunque che lì, in quel piazzale-parcheggio senza grazia né pretese architettoniche, si fossero trasferiti poco più di un anno fa gli spacciatori sloggiati dalla tristemente nota via Anelli (che corre proprio lì dietro) dopo la costruzione del muro «sanitario» voluto dal sindaco Flavio Zanonato. «In quella terra di nessuno c’erano solo tre negozi etnici, due nigeriani e uno tunisino, che per i pusher erano diventati l’alibi per starsene lì dalle nove del mattino alle tre di notte, su più turni. Per uno che veniva arrestato, ne arrivava un altro, con uno spaccio complessivo di chili e chili di “roba” a clienti provenienti da tutto il Nordest».
Il primo passo di Ascierto spaventa i suoi stessi colleghi di partito. Trasferisce proprio lì, provocatoriamente, a un primo piano che si affaccia sul piazzale, la sede provinciale di An, mettendo tricolori alle finestre e piazzando un banchetto in strada dove raccogliere firme contro il degrado. «Un giorno, per non far mancare loro niente, mi sono messo a fare un comizio alle nove del mattino smettendo solo alle nove della sera. Alla fine, là dove prima quando passava una divisa loro rimanevano, infischiandosene, quando arrivavo io se ne andavano».
La svolta arriva dopo l’incontro con la Onlus Andromeda e con la presidente della sezione Veneto, Luana Levis. «Abbiamo deciso insieme di dover occupare quel luogo con un’attività diversa dalla politica e l’abbiamo concretizzata nel Villaggio Italia, con mille bandiere e uno striscione tricolore lungo trenta metri. Più musica dal vivo, ovviamente italiana; e cibo, nemmeno a dirlo, nazionale pure quello. Sono venuti tutti, a sostenerci, dai politici di ogni colore agli sportivi, il prefetto e il questore, la polizia e i carabinieri. Mancava l’aviazione, ma solo perché qui non si riesce ad atterrare».
Ne è scaturita una festa non stop, venti giorni e venti notti, che oltre a restituire un pezzo di Padova ai legittimi proprietari, i cittadini, ha provocato la progressiva chiusura dei battenti dei tre negozi etnici e la conseguente scomparsa degli spacciatori. «I più se ne sono andati con le loro gambe - racconta Ascierto -, altri sono stati arrestati, altri ancora sono stati costretti a trasferirsi su qualche strada di grande traffico, diventando esposti e controllabili».
Per rendere più eloquente l’invito a sloggiare, grazie al coinvolgimento di tutti, dal Comune (di sinistra) alla Regione alla Provincia (entrambe di centrodestra), ma soprattutto con l’adesione immediata del ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, è stata data vita al progetto di trasformare uno di quegli ex negozi etnici in un locale dove promuovere invece i sapori e i prodotti della tradizione enogastronomica italiana, ma anche dove presentare libri. Per riportare comunque lì i cittadini con una serie di manifestazioni accompagnate da musica dal vivo. L’inaugurazione è prevista a metà ottobre.
«Dove prima vendevano eroina, noi avremo le mozzarelle anti-spaccio, il prosciutto veneto di Montagnana, oppure i vini friulani», spiega il parlamentare ricordando come grazie ai contributi ricevuti da privati e associazioni e anche con soldi messi di tasca propria dai promotori, sono stati raccolti i 45mila euro serviti per restaurare il locale concesso in affitto a un prezzo di favore da Romi Osti, editore del network televisivo La 9, dotandolo di servizi, illuminazione, banco frigo e aria condizionata. «Ora lo vede com’è, lindo e profumato di pittura fresca. Ma è stata dura, c’era una tale sporcizia e una puzza che all’inizio gli operai hanno dovuto lavorare con le mascherine.
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