Il paese islamico in controtendenza dove le donne sono protagoniste

Il nuovo premier, che considera la jihad una «malattia mentale» e il velo un'usanza medievale, sta rivoluzionando politica e costumi

Luigi Guelpa

da Rabat

«Il jihad è una malattia mentale e sono convinto che si possa curare esattamente come si fa con le altre patologie, somministrando farmaci». Sarebbe offensivo definire deliranti queste affermazioni, soprattutto perché rappresentano il pensiero di uno dei neuropsichiatri più apprezzati di tutto il Marocco, Saad Eddine El Othmani. Per i prossimi cinque anni dovrà prendere una pausa dalla sua attività professionale. Lo scorso 17 marzo re Mohammed VI lo ha messo infatti a capo del nuovo governo. «Non sarò più psichiatra a tempo pieno - ci tiene a sottolineare - ma per migliorare il Marocco diventerà indispensabile un lavoro capillare sulla mente e sulla mentalità di 34 milioni di abitanti».

El Othmani piace per l'approccio, l'ottimismo e per come in poche settimane sia riuscito ad accattivarsi le simpatie di parecchi leader dell'Europa e del continente americano, Usa compresi. Ha 61 anni, è in prima linea dal 1981, quando era studente di medicina a Casablanca. Da quel momento ha scalato ogni possibile ostacolo fino a raggiungere la poltrona degli Esteri nel 2012. Accanto agli incarichi di governo, El Othmani ha assunto anche parecchie responsabilità nel partito Giustizia e Sviluppo di cui rappresenta la corrente più moderata. È infatti considerato una colomba tra i falchi di Benkirane. Ha ricevuto l'incarico dal Re, riuscendo a formare il nuovo governo, dopo la destituzione del predecessore, Abdelilah Benkirane, avvenuta lo scorso 15 marzo, dopo cinque mesi di consultazioni a vuoto. Si è trattato di uno shock per il mondo politico marocchino, anche se alcuni cambiamenti radicali erano nell'aria da mesi. Almeno da quando a gennaio, in piena crisi, re Mohammed VI non esitò a estrarre dal cilindro persino il «suo» personale Donald Trump, Aziz Akhennouch, uno degli imprenditori più ricchi e influenti del continente africano con un patrimonio di 2 miliardi di dollari accertato da Forbes. Akhennouch, con una laurea in economia conseguita all'università canadese di Sherbrooke, non è poi riuscito a trovare una maggioranza in grado di governare il Paese, ma è diventato ministro dell'Agricoltura nel nuovo esecutivo di El Othmani.

La dura, e soprattutto mai nascosta, presa di posizione del nuovo premier contro il jihad l'ha portato a godere di consensi trasversali nella politica marocchina, persino tra le file dell'opposizione. Su di lui mai un pettegolezzo, mai una caduta di stile: è sposato e padre di tre figli. Considera il velo un ostacolo alla modernizzazione del Marocco ed è stato tra i firmatari del documento che ha portato a gennaio alla conversione di tutte le aziende di tessuti che producevano il tristemente celebre burqa. Sulla questione velo le sue parole sono andate di traverso a parecchi imam intransigenti: «Sto soltanto cercando di far capire che si può essere buoni musulmani senza vivere all'età della pietra come vorrebbero i jihadisti da noi o i talebani in Medio Oriente e che una donna può essere rispettosa della religione indossando un tailleur o un paio di jeans, abbandonando il velo».

Affermazioni destinate a lasciare il segno, ma che viaggiano proprio nel solco di modernità tracciato da re Mohammed VI, anche su consiglio della regina Lalla Salma, di casa nei salotti buoni di Londra e Parigi, e quindi con una visione decisamente più occidentale. Il lavoro che attende El Othmani non è certo semplice. Dovrà cercare ogni giorno di innescare i benefici di una democrazia laica e liberale, facendo leva sui tanti giovani che in Marocco chiedono importanti cambiamenti. La modernizzazione e l'aumento dell'iniziativa privata sono la miglior risposta al fervore islamico. «Quello che manca lo si colma con l'entusiasmo che non deve mai venir meno - ricorda - i miei collaboratori e io ci rimboccheremo le maniche, sappiamo che non sarà stato facile. Il percorso è esteso e tortuoso, ma porteremo avanti le istanze della gente. Alla fine tutti chiedono le stesse cose: innovazioni e capacità nello sradicare i vecchi interessi politici senza la necessità di farlo con le rivolte di piazza, ma in maniera costruttiva».

El Othmani è anche autore di libri sulla questione femminile nella società musulmana e nel suo nuovo governo le donne hanno trovato una collocazione rilevante. L'esecutivo è il frutto di una coalizione a sei, con 25 ministri e 13 sottosegretari, nove donne ne fanno parte. Il governo El Othmani è più rosa rispetto a quello del suo predecessore Benkirane che nel primo mandato ne contava solo una e sei nel secondo. Le politiche sociali saranno di competenza di Bassima El Hakkaoui, Jamila El Moussali si occuperà di turismo e di trasporto aereo e Nezha El Ouafi di energia. Il segretariato all'Industria e al commercio estero sono stati assegnati a Rkia Derham, Fatna Lkhiyel è all'urbanistica, Mbaek Bouaida all'agricoltura, Charafat Yadri Afilal ai trasporti, Lamia Boutaleb all'economia sociale e Mounia Boucetta sarà vice ministro degli Esteri. La Boutaleb ha avuto anche l'incarico di coordinare i lavori per la candidatura del Marocco a organizzare i Mondiali di calcio del 2026, mentre la prima uscita pubblica di Mounia Boucetta, ingegnere di 50 anni, non passerà certo inosservata. «Nove donne nel governo? Significa che sappiamo affrontare ogni situazione con coraggio e ottimismo - ha affermato la Boucetta -. Le donne costituiscono il 59 per cento del potenziale del mondo arabo.

La donna araba oggi è più istruita ed emancipata, lavora e si mantiene, penso che abbia il diritto di avere il suo posto nella società. Non vogliamo essere esempi, ma il risultato di un processo che si evolve in positivo. Le donne possono solo migliorare la società marocchina».

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