Che la 194, la legge sulle «Norme per la tutela della maternità e sullinterruzione volontaria di gravidanza» varata il 22 maggio 1978, vada ora rivista è indispensabile.
Tutti coloro che si rifiutano di riconsiderare questa complessa problematica alla luce di quanto è avvenuto negli ultimi trenta anni, durante i quali è stata applicata, peraltro solo in parte, fanno opera di oscurantismo ideologico. Chi non vuole farne una verifica dopo tanti anni non ha rispetto per le donne, e per evitare «grane» non vuole confrontarsi con i bisogni della nostra comunità.
Vi sono infatti aspetti non solo religiosi ed ideologici, ma anche etici e culturali, che vanno riletti alla luce delle innovazioni scientifiche e tecnologiche e delle sensibilità della nostra società, intesa questa nel suo complesso, dove certamente il ruolo della donna madre ha e deve avere un posto preminente.
Cosa è successo dopo una lacerante battaglia che ha portato alla emanazione della famigerata 194? Quasi tutti i suoi fautori hanno ritenuto di aver vinto una battaglia e così di avere assolto alla loro funzione, ma quanto è avvenuto non ha dato vera libertà e dignità alla donna, le ha solo consentito di uscire dal «reato»: cosa giusta, ma non sufficiente.
I problemi sono rimasti, anzi per certi aspetti sono peggiorati, sono stati nascosti con una rimozione sociale. Le lacerazioni psicologiche nella donna restano, i problemi della famiglia anche, per non parlare delle problematiche etiche e religiose. Orbene, fermo restando che non si può tornare alla situazione ante 194, la nostra società deve affrontare questo suo demone.
Proprio uno Stato laico deve sostenere le gravidanze difficili e non ritenere di aver assolto al suo compito consentendo sempre linterruzione di gravidanza perché non ha il coraggio di affrontarne i problemi o, peggio ancora, perché non è in grado o non vuole destinare le necessarie risorse per superarne le cause.
*Medico e Consigliere Comunale Forza Italia
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