Palazzo Chigi crocevia del dialogo E alla fine torna in pista Air France

da Roma

Un mosaico ricomposto tessera per tessera. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il sottosegretario Gianni Letta hanno lavorato un’intera giornata per riavvicinare le parti in causa nella crisi Alitalia e aprire la strada all’accordo. Un gioco di incastri reso ancor più complicato dal tentativo del segretario Pd Veltroni di intestarsi il merito di aver sbloccato la trattativa.
È stato lo stesso premier a telefonare al leader dei piloti Fabio Berti ribadendogli la gravità della situazione e la necessità di rilanciare l’italianità della compagnia ottenendo in cambio il massimo impegno nella sottoscrizione di un’intesa sebbene con alcune garanzie per le singole categorie professionali. Ma l’accentuazione della nazionalità della nuova compagine non ha impedito a Berlusconi di sottolineare le prospettive di forti alleanze estere. «L’ipotesi Lufthansa - ha detto prima di lasciare Roma - è esattamente uguale alle ipotesi Air France o British Airways. Se ne parla come ipotesi di collaborazione ed eventualmente con una partecipazione di assoluta minoranza».
Il coinvolgimento di grandi partner, però, è condizionato dall’accettazione del piano Cai al di fuori del quale «non ci sono altre soluzioni». La compagine guidata da Roberto Colaninno, che è oggetto dell’interesse di «altri imprenditori privati italiani» è il perno della strategia perché «non c’è una possibilità che una compagnia straniera prenda su di sé il carico di Alitalia».
Berlusconi e il suo esecutivo sono stati costretti a una settimana di mediazioni, inizialmente imprevedibile. «È chiaro a tutti cosa è successo? C’era già un accordo e non si è risolto perché qualcuno ha scelto la politica di dare un colpo al governo senza preoccuparsi degli interessi e del bene del Paese», ha affermato il presidente riferendosi al capo dell’opposizione Veltroni. Quest’ultimo non ha replicato immediatamente, pur facendo filtrare a latere della riunione del governo-ombra che l’atteggiamento del premier era catalogabile come «non serio». Il colpo in canna Veltroni l’aveva serbato per il Tg1.
Ma andiamo con ordine. La tessitura di Berlusconi e Letta faceva ben sperare fin dalla mattinata. «Il buon senso si sta facendo strada in tutti», aveva annunciato il ministro del Welfare Sacconi intervenuto a un convegno Confsal. Nel corso del pomeriggio, infatti, la speranza di una ricomposizione si è trasformata in una realtà. In primo luogo, Letta, Sacconi e Matteoli hanno incontrato Cisl, Uil e Ugl, che avevano già siglato l’accordo, per rassicurarle che la riapertura del tavolo non sarebbe stata una resa alle richieste di Cgil e delle associazioni dei piloti.
E proprio con Cai e Cgil il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha dispiegato tutta la sua sottile abilità diplomatica favorendo la triangolazione Colaninno-Sabelli (ieri per ben tre volte a Palazzo Chigi) e il leader del sindacato «rosso» Guglielmo Epifani, incontrato da Letta fuori dal contesto ufficiale.
L’altro punto fondamentale è stato l’avvicinamento al partner estero. «Si deve prima risolvere la vicenda Cai e poi sarà Cai ad aprire le trattative per una alleanza internazionale», aveva evidenziato Berlusconi. E Letta ieri pomeriggio ha pure incontrato Francesco Mengozzi, ex ad di Alitalia e consigliere di Air France-Klm per l’Italia. Mengozzi ha ripetuto che l’offerta francese, avanzata il 28 agosto per una quota di Cai compresa tra il 15 e il 25%, era ancora valida. Fonti di Palazzo Chigi hanno lasciato intendere che è ancora possibile un coinvolgimento anche di Lufthansa e British Airways nella nuova Alitalia. Mentre Colaninno e Sabelli tentavano una moral suasion con Enac per agevolare il mantenimento della licenza alla compagnia (spada di Damocle che pende sul commissario Fantozzi), si aggiungeva pure qualche limatura al contratto. Ricevuti in serata a Palazzo Chigi, Guglielmo Epifani (dal quale si è ottenuto un primo «sì») e i vertici dei piloti, la partita poteva considerarsi chiusa con la convocazione di questa mattina alle 11.
In cauda venenum, «nella coda il veleno». Alle 20 Walter Veltroni, intervistato dal Tg1, si attribuiva la medaglia del grande mediatore. «Berlusconi sa benissimo chi ha tirato fuori da questo impaccio non il governo ma il Paese», ha dichiarato.

Una sortita per uscire dal pantano nel quale la cordiale intesa con la Cgil stava trascinando il maggior partito di opposizione e il maggior sindacato. «Con questa sinistra non si può dialogare», ha ribattuto il sottosegretario Bonaiuti. A dialogare con i veri attori in campo ci avevano infatti già pensato Letta e Berlusconi.

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