Mafia, Borsellino quater, confermate in appello tutte le condanne

Sulla strage di via D'Amelio c'è stato un depistaggio. La conferma arriva dalla sentenza di secondo grado dalla Corte d'assise d'appello di Caltanissetta che ha ribadito quanto già deciso dai giudici di primo grado. La famiglia Borsellino: "Sentenza storica"

Mafia, Borsellino quater, confermate in appello tutte le condanne

Il depistaggio sulla strage di via D'Amelio c'è stato. L'ennesimo processo sulla strage di via D'Amelio che vede alla sbarra i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino e i tre falsi pentiti Calogero Pulci, Francesco Andriotta e Vincenzo Scarantino ha dato una sentenza definitiva che mette forse la parola fine ad una delle più brutte pagine della storia italiana. La conferma arriva dalla sentenza di secondo grado dalla Corte d'assise d'appello di Caltanissetta che ha ribadito quanto già deciso dai giudici di primo grado. In primo grado Madonia e Tutino vennero condannati all'ergastolo, mentre Andriotta e Pulci a dieci anni di reclusione per calunnia. Reato prescritto per l'ex pentito Scarantino. Alla fine della requisitoria, l'accusa ha chiesto la conferma delle pene di primo grado per tutti gli imputati.
Per i giudici di primo grado si è trattato di "uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana", come scrisse il Presidente della Corte d'assise, Antonio Balsamo, nelle motivazioni lunghe 1.856 pagine, dodici capitoli, un lavoro minuzioso di ricostruzione che ha rappresentato una tappa fondamentale nel difficile percorso di ricerca della verità.
In appello i giudici della Corte d'assise d'appello di Caltanissetta hanno condannato i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino all'ergastolo; 10 anni ciascuno ai falsi collaboratori di giustizia Calogero Pulci e Francesco Andriotta, reato prescritto per Vincenzo Scarantino. Il verdetto è arrivato dopo circa sette ore di camera di consiglio: "ricerca della verità sulle stragi mafiose del 1992 non si è mai fermata, nonostante siano trascorsi 27 anni. Perché gli italiani, anche quelli nati dopo il 1992 hanno tutto il diritto di avere risposte su quanto accadde quella domenica, del 19 luglio 1992 in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. E lo sviluppo delle indagini sta via via delineando altre strade che, se doverosamente riscontrate, possono far individuare altri soggetti, anche esterni a Cosa nostra". scrive il procuratore generale. E parlando dei congiunti di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta. "Essi hanno il diritto di sapere e di comprendere fino in fondo come e perché si giunse alla stagione delle stragi, anche al fine di cercare di lenire un dolore mai sopito ma che addirittura si amplifica di fronte agli assordanti silenzi di coloro che sanno, sia all'interno di "cosa nostra" che all'interno di altri e più differenti contesti, ed ancora non hanno il coraggio e la dignità di riferire in ordine ai pezzi di verità mancanti, con ciò profanando non solo la sensibilità ma anche l'intelligenza dei familiari delle vittime delle stragi e di tutti gli italiani onesti".

"La conferma integrale che la Corte d'assise d'appello ha fatto della sentenza di primo grado certifica, in maniera inconfutabile, che nell'ambito del processo Borsellino uno e bis si è realizzato uno, se non il, più grande errore giudiziario della storia italiana". Lo afferma l'avvocato Fabio Trizzino che con il collega Vincenzo Greco rappresentano i figli del magistrato Paolo Borsellino, Lucia, Fiammetta e Manfredi. "Chiaramente ora attendiamo sviluppi. Questa è una pietra miliare - prosegue il legale, marito di Lucia Borsellino - perchè si afferma che Scarantino è stato indotto a depistare le indagini.

Abbiamo il processo Bo e altri, la conferma totale della sentenza di primo grado costituisce i presupposti fondamentali per l'altro processo e per le ulteriori indagini che ci saranno e che magari sfoceranno in un altro processo".

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