"Matteo Messina Denaro si nasconde in Veneto"

"Diabolik", il super boss ricercato in tutto il mondo non sarebbe più in Sicilia. Lo ha rivelato un pentito che ha indicato il luogo in cui si troverebbe Messina Denaro

"Matteo Messina Denaro si nasconde in Veneto"

Matteo Messina Denaro, il boss dei boss siciliani e uno dei malavitosi tra i più ricercati nel mondo è vivo e non sarebbe in Sicilia. Lo rivela il pentito Emanuele Merenda che ha indicato anche un luogo: il boss si troverebbe in Veneto, nel comune di Salgaredo in provincia di Treviso e sarebbe all'interno di una cantina di questa villetta, "ospite" di un cittadino palermitano. La rivelazione sarebbe clamorosa, anche se gli investigatori hanno deciso di prendere le dichiarazioni del pentito, ex esattore della mafia e di Sant'Angelo di Brolo in provincia di Messina, con le dovute cautele. Il pentito faceva parte di una organizzazione criminale in Veneto smantellata in questi giorni dall'inchiesta sull'infiltrazione della camorra casalese ad Eraclea, nel veneziano.

Insomma Matteo Messina Denaro non sarebbe in Sicilia. E seppur le voci si rincorrono, tra chi dice di averlo visto a Castelvetrano in provincia di Trapani, suo paese di origine, e chi alla stazione di Trapani, il boss si sarebbe spostato al Nord. E il pentito spiega tutto con assoluta precisione: il bossi si trova all'interno di una palazzina di colore giallo e sarebbe ospite di Vincenzo Centineo, 69 anni, finito agli arresti nel febbraio scorso sempre nell'ambito dell'inchiesta sui Casalesi di Eraclea. Per la precisione, Messina Denaro sarebbe stato ospitato per alcuni giorni in uno stabile di Campo di Pietra, frazione a pochi chilometri da Salgareda.

Merenda è considerato attendibile dagli inquirenti. Ma, come si affrettano a dire, tutto va verificato con estrema calma. Centineo - originario di Gangi, nelle Madonie, in provincia di Palermo - risulta in stretto contatto con il boss dei casalesi, Luciano Donadio, con il quale si sarebbe spartito il business del pizzo agli imprenditori veneti e dei prestiti a strozzo tra il Veneto e il Friuli. Queste le parole di Merenda nel corso di un interrogatorio: "Centineo mi ha detto che ha ospitato Matteo Messina Denaro per quattro o cinque giorni a Campo di Pietra". E ancora: "Centinaio mi ha spiegato che prestava denaro senza garanzie ad interessi elevatissimi. Mi ha anche detto che i soldi che impiegava provenivano dal gestore di una cantina di Campo di Pietra riconducibile a dei siciliani che erano dei pezzi da novanta".

Sulla posizione di Centineo è però intervenuto il suo legale, Guido Galletti: "Il mio cliente - dice in una lettera inviata al Gazzettino - non ha mai ospitato, né in alcun modo favorito, la latitanza di alcun boss. Le dichiarazioni rese da Emanuele Merenda sono già state valutate come prive di alcun riscontro data anche la recente pronuncia del tribunale collegiale di Pordenone che lo ha di fatto ritenuto inattendibile, disponendo la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica. Sono stati accertati gravi motivi di rancore serbati da Merenda nei confronti di Centineo, che hanno sicuramente determinato le false accuse mosse nei suoi confronti. Inoltre Centineo è indagato a Venezia per l'ipotesi di favoreggiamento personale risalente al 2015, fatto per cui la corte di cassazione nell'ottobre scorso ha annullato l'ordinanza emesa dal tribunale del riesame di Venezia confermativa di quella resa dal gip".

Chi è Matteo Messina Denaro

Il boss, nato a Castelvetrano in provincia di Trapani 57 anni fa, da molti è chiamato "'u siccu" (il magro) per la sua costituzione fisica, oppue Diabolik. Oggi è considerato tra i latitanti più ricercati e pericolosi al mondo. Capo e rappresentante indiscusso della mafia trapanese, risulta essere attualmente il boss più ricco e potente di tutta cosa nostra, arrivando a esercitare il proprio potere ben oltre i confini della propria provincia, come in quelle di Agrigento e addirittura Palermo. Per quanto tradizionalmente il potere assoluto sull'intera organizzazione non possa essere concentrato nelle mani di un padrino estraneo a Palermo, e sebbene dopo la morte di Salvatore Riina non vi siano più state prove di un'organizzazione piramidale di Cosa nostra, alcuni inquirenti si sono esplicitamente riferiti al latitante castelvetranese come all'attuale capo assoluto.

Fonti, attualmente più realistiche, vedono il boss ormai esclusivamente alle prese con la propria latitanza, forse anche lontano dalla Sicilia, formalmente solo con il ruolo di referente mafioso della Provincia di Trapani ma senza un ruolo attivo all'interno di cosa Nostra.

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