Al mattino aprono la finestra, respirano aria di campagna e poi imprecano. Davanti ai loro occhi, nel giardino della loro villetta sulle alture di Sciarborasca, frazione di Cogoleto, ora c'è un palo dell' elettrodotto delle Ferrovie dello Stato di dimensioni mastodontiche: «Circa 30 metri di altezza e una base 5,70 per 5,70 metri».
«Capisce, noi ci siamo costruiti questa villa per vivere in tranquillità - spiega la signora Mara Ferro - e ora ci ritroviamo questo traliccio sulla nostra proprietà privata, che non solo ha un evidente impatto ambientale, ma sospettiamo metta anche a grave rischio la salute dei residenti della zona». In cima a Sciarborasca, nei pressi di via Schivà, sono diversi i cittadini che hanno contratto una grave malattia. «Illazioni» ribattono in casa Ferrovie. «Non possiamo neppure rivendere la casa - incalza la figlia Maria Cristina Festa - perché nessuno la vuole più e il valore inoltre, ha subito un'ingente svalutazione».
Dalle Ferrovie dello Stato si difendono: «Noi abbiamo ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie sia per il progetto, sia dalla famiglia e ora queste continue proteste sono proprio ingiustificate». Nel 2002, Marco Festa, marito di Mara, aveva firmato un documento in cui accettava i lavori di rinnovo dell'elettrodotto a 66kV con attrezzature a 132kV. Nel giardino della villa infatti un palo Fs c'era sempre stato, anche se di piccole e imparagonabili dimensioni che riusciva a essere coperto dal verde della zona. Ora, inoltre, un grande rovere secolare che - alcuni dicono a causa dei lavori di installazione del traliccio - è seccato, con il rischio, per giunta, di crollare sulla palazzina. «Hanno giocato sugli equivoci - lamenta la signora Festa - perché ci avevano assicurato che il traliccio sarebbe stato delle medesime dimensioni». «Ma quali equivoci - ribatte il geometra Sergio Devisi, uno dei responsabili delle suddette procedure per le Fs - c' è anche un verbale di accordo e un assegno di indennizzo già intestato per la famiglia Festa».
«È vero - ammette Maria Cristina - ma solo perché se lo scorso agosto non avessi firmato quell'accordo con poche righe scritte a mano, mi avrebbero minacciato di arrestarmi per resistenza a pubblico ufficiale». Una procedura quantomeno inusuale denuncia la signora Ferro: «La cifra, per altro irrisoria rispetto alla svalutazione della casa, è stata decisa sul momento. Poi avrebbero dovuto consegnarmi il denaro entro 90 giorni. E invece no: aspettano che io firmi quell'accordo presso un notaio. Ma allora non lo dovevano fare prima di erigere il traliccio?».
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