Roma - Che fine ha fatto Giorgio Panariello? Una sola cosa è più difficile che ottenere successo. Mantenerlo. E si sa che il comico toscano, oltre a quello di far ridere, possiede il talento di sapersi dosare. Regolare come un orologio, dopo una, due stagioni tv, lui si ritira in teatro, a «fare il pieno» di idee per quando si riaffaccerà davanti alle telecamere. Ma di anni, stavolta, ne sono passati quattro (ultima edizione di Torno sabato: 2004, quello show che fu definito da Franca Ciampi esempio di tv deficiente, anche se poi chiarì che non ce l’aveva con Panariello). Né si prevede che per lui la telecamera si riaccenda prima dell'autunno del 2010. Che fine ha fatto il re degli show di Raiuno? È vero che ha affermato che «la tv mi ha dato la popolarità, ma mi ha tolto la serenità»?
«Intanto non è proprio vero che sia sparito dallo schermo - ribatte lui, fresco vincitore del Premio Solidarietà al Premio Barocco, teletrasmesso venerdì in prima serata -. Quest'anno ho fatto moltissime ospitate. Ma è vero che non ho più la mia serenità. È il prezzo che devi pagare, quando fai le cose come le faccio io. Con tutto me stesso. Però col mio autore di fiducia Giampiero Solari stiamo già preparando un nuovo show: sul tipo di Torno sabato ma con caratteristiche completamente diverse. Poche puntate, quattro, cinque al massimo; mai più abbinato alla Lotteria Italia; mai più durante un periodo di garanzia (quello in cui le esigenze di ascolto sono tassative); mai più in sfida diretta coi big della concorrenza: dalla De Filippi a Bonolis, i derby li ho giocati tutti io. Ma una volta almeno vorrei incontrarmi col Chievo Verona». Il fatto, si sfoga Panariello, è «che per correre incontro agli ascolti finisci per fare cose che non vuoi. La lunghezza interminabile di questi varietà, ad esempio: il mio non dovrà più durare le interminabili tre ore canoniche, ma due al massimo». La formula del nuovo Torno sabato sarà ancora quella dello spettacolo intinerante, da un palasport all'altro; «Ma non in Italia: bensì presso le comunità italiane all'estero, Francia, Germania, Belgio. Una taglio nuovo, un pubblico diverso». Niente crisi del varietà, dunque? «Già alla prima edizione del programma al varietà tv avevano dato l'estrema unzione. Poi noi avevamo Paolo Belli, che non vendeva un disco, e Tosca D'Aquino, che era attrice e non soubrette. Ma i risultati li avete visti. La crisi non riguarda il varietà, che resta il vero patrimonio della nostra tv. Riguarda chi lo scrive. Il settanta per cento degli autori sono semplici “scalettisti”: a tirar fuori idee buone e inedite, in tutta Italia, sono rimasti in cinque o sei».
Il lungo digiuno mediatico (non teatrale: con Del mio meglio live, Panariello coglie trionfi su tutti i palcoscenici) l'ha impegnato occupandosi della solidarietà a favore dei cani abbandonati - «unendo fra loro varie organizzazioni raccogliamo fondi e cerchiamo di aprire una linea verde gratuita per il pronto soccorso canino» - e anche preparando due nuovi film, entrambi con a Vincenzo Salemme.
«Il primo, titolo provvisorio No problem, l'ha scritto lui e lo stiamo girando con Sergio Rubini e Iaia Forte, per l'uscita in ottobre. V'interpreto il ruolo di uno psicopatico con repentini cambi di personalità: ora si crede un architetto toscano, ora un commercialista siciliano». Il secondo se lo è scritto da sé (con tre personaggi nuovi di zecca) «ma ne affiderò la regia a Salemme proprio perché non intendo più dirigermi da me. Ecco un'altra cosa che non voglio più fare, pena la distruzione del mio lavoro: il regista di me stesso».
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