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Pancalli: «Farò l’operaio, aggiusterò il calcio»

Il neo commissario: «Poche parole, molti fatti». E sceglie Riva come suo vice. Petrucci critica Rossi: «Si può essere autonomi, ma dialogando»

Riccardo Signori

da Roma

Ci mancava Mike Bongiorno con il suo «Allegria!» e il quadretto sarebbe stato completo. Dieci del mattino nella sala d’onore del Coni. Festival dei buoni propositi e delle parole. La più gettonata dice: ottimismo. La meno riproposta? Onestà, da ripescare nel calcio. Siamo di nuovo all’ora del cambio della guardia e delle facce. Dall’angosciante professor Rossi all’emozionato avvocato Luca Pancalli. Il professore non c’era, ma volteggiava il suo fantasma. Invece l’avvocato s’è fatto largo seduto sul carrozzino dal quale ha scalato il mondo dello sport. A gestir la scena l’immutabile sguardo di Gianni Petrucci, presidente del Coni, pronto a sventolare una parola sola: «Ottimismo!». Il calcio ricomincia con questo motto, con Gigi Riva vice commissario, al posto di Demetrio Albertini, che gestirà l’area delle squadre nazionali, e l’avvocato Massimo Coccia pronto a studiare norme e regolamenti. Per ora solo loro, poi fra qualche giorno si aggiungeranno altri due vice: uno destinato alla gestione generale, l’altro all’organizzazione sportiva. Il pallone ricomincia da tre e da dove si è interrotto il discorso con il commissario Rossi. Cinque mesi per tornare a vita normale. «Il mandato scadrà il 28 febbraio», per consentire di indire nuove assemblee federali che interessano lo statuto e l’elezione del presidente.
Saranno cinque mesi intensi e difficili. «Ci vorranno occhi chiusi, testa bassa, poche parole e molti fatti. Siamo tutti più operai». Pancalli si è presentato così. Petrucci ha completato lo schizzo, ad uso e consumo anche degli assenti. Leggi Rossi e il suo gruppo definito inscindibile. «Ha carattere, buon senso, forma, educazione. Doti che servono all’uomo e al dirigente sportivo». Una scelta, ha garantito il presidente del Coni, che nelle sue intenzioni non aveva alternative. Sarà perché i due vanno a Messa nella stessa Chiesa. «È stato come un angelo che girava nella mia testa», ha raccontato con fare evangelico. Dopo essere stato diabolico nel lasciare intendere a tutti perché Rossi e soci avevano passato il segno della sopportabilità. «Nella vita si può mantenere autonomia, ma dialogando». E quelli non lo facevano. «Io, con il ministro Melandri, dialogo sempre. E non è che, cambiando gli uomini, si fermano le riforme».
E riforme saranno. «Cercherò il dialogo con gli uomini della ex gestione perché la continuità sia nei fatti, non solo nelle parole», ha soggiunto Pancalli im modo molto pratico. Una priorità su tutte: «Riportare serenità. Il calcio non è malato. Poco tempo fa è morto Facchetti. Io non lo conoscevo, ma sapevo chi era al di là del calciatore: un uomo con dei valori. Ecco nel calcio occorre rifarsi a quei valori. Se partissi con l’idea di non farcela sarebbe la fine». Poi i compiti da scadenziario: «Eliminare ogni potenziale conflitto d’interessi, riformare la giustizia sportiva, ridisegnare le regole del sistema elettorale. Bisogna ricondurre la federcalcio a democraticità e dignità, con dialogo ma con rigore». Ieri, pronti via, il commissario ha rinnovato il mandato ad Agnolin per la gestione del settore arbitrale, ha incontrato Campana, Matarrese, Ulivieri, Tavecchio, in pratica tutto il mondo del calcio, mentre Petrucci ha ricevuto una lettera da Carraro, da girare al commissario, in cui l’ex presidente ha chiesto di non privarlo delle sue deleghe come commissario all’Uefa e alla Fifa. «Ho altre priorità», la risposta. Resta il «che fare?» di Borrelli. O meglio, sapere cosa vuol fare lui. Ieri è partita la telefonata. «Perché possa continuare ad aiutarci in questo percorso. Se ha individuato cose che non vanno, è giusto seguirlo nei consigli. Sarebbe strano se non lo facessi», ha aggiunto il novello commissario quasi a confortare la tesi, sostenuta pure da Petrucci, che Borrelli sarebbe ancora persona gradita alla causa. E l’interessato ha garantito che ci penserà.
Insomma questo nuovo commissariamento è tutto un girar pagina rispetto al vecchio: tanto lavoro da dimostrare su carta e con i fatti e meno spigolosità. Affidato a un uomo di sport, ma non contiguo al calcio («Non tifo per nessuna squadra, al massimo per quella azzurra»), più vicino al Coni e più lontano dalla voglia di vetrina personale. Ieri Petrucci ha nuovamente telefonato a Donadoni, privato del tutor Albertini, per garantirgli stima e vicinanza. Però puntualizzando un particolare indispensabile: «Nella vita contano i risultati per arrivare dove vuole l’Italia calcistica». Chiaro? Pancalli conosce il valore dei risultati, avendo vinto tanto prima e dopo quella vita in carrozzina. Al ct ha garantito serenità anche in colloquio privato. Ma quell’altro deve portar frutti. Eppoi avanti tutti canticchiando la canzone dell’ottimismo. Il disco incantato del presidente del Coni non ha mai smesso di ripeterlo. «I disonesti, state certi, devono essere colpiti. Ma se c’è la guerra, non dobbiamo ricordarcelo ogni minuto. Ci sarà fermezza, non si può essere sempre pessimisti».

Ovvero: l’ottimismo è una palla che va e un mondo senza un Rossi, che non sia Pablito.

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