Il panettiere con le mani in pasta che fa lo scrittoreMolti stranieri apprendisti nel suo negozio a Rozzano

Tutto parte e ritorna alla polvere, ma se la polvere si chiama farina tutto si spezza con dolcezza e i talenti, briciole difficili da cogliere, lievitano. È il pensiero di Davide Longoni, brianzolo, una laurea in lettere deposta nel cassetto per fare il pane. È uscito un suo libro, «Il senso di Davide per la farina». Le notti di quest'uomo sono fatte di ore ieratiche con le mani in una pasta ottenuta con il lievito madre e cereali macinati a pietra. Dopo un'esperienza nella panetteria paterna, Longoni azzera tutto. Si traferisce a Milano in via Tiraboschi, città amata in un reciproco scambio di forze innovative tanto che insieme ad altri «artisti» dell'alimentazione, un pescivendolo, un macellaio, un verduraio, rileverà il mercato di Santa Maria del Suffragio per farne un luogo dove si potranno mangiare i cibi così, alla mano.
Il suo è un viaggio senza tempo a tutti gli effetti; spesso lascia i dieci dipendenti alla volta di città, campagne, mugnai all'antica. Una ragazza palestinese e un ragazzo ungherese stanno per iniziare l'apprendistato nel suo negozio, seguendo le orme di altri giovani che hanno aperto locali a Berlino, in Australia, in Brasile.

A Rozzano il forno di Davide è di fronte alla casa di don Gino Rigoldi, amico di Longoni e cappellano di San Vittore. Accoglie i carcerati che vivono il piacere di tornare nel mondo, grazie al profumo di un pane che esce da un forno in cui il fuoco significa Paradiso.

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