Roma

Il panico, male del nostro tempo, ora assale anche i giovani

Seminario al Villa Flaminia, il neurologo Rosario Sorrentino: «Dopo i fatti dell’11 settembre l’Europa si è ammalata»

Il panico, male del nostro tempo, ora assale anche i giovani

Priscilla Quagliarotti

È il secolo della paura. Che non colpisce più solo gli adulti, ma ha investito come un fiume in piena ragazzi di 12, 13 anni. «Dopo l’11 settembre, l’Europa si è ammalata - dichiara il neurologo Rosario Sorrentino, di fronte a una platea di giovani dell’Istituto Villa Flaminia -. Al Qaida ha seminato il cancro nella civiltà occidentale, provocando due metastasi: il terrorismo e in particolare i kamikaze». Stiamo assistendo a una delle lezioni del professor Sorrentino sulla sottile distinzione tra paura e panico.
I giovani dell’Istituto, fondato nel 1956 dai Fratelli delle Scuole Cristiane, come sede del Collegio San Giuseppe - Istituto De Merode, ascoltano con attenzione la testimonianza di Silvia, 33 anni, alle prese per anni con uno dei mali più oscuri della nostra epoca. «La paura nasce nel nostro cervello - racconta Silvia, colpita per alcuni anni da questa malattia - il panico colpiva in qualunque situazione, anche nella più completa tranquillità di una cena con gli amici, senza alcuna avvisaglia. Ho deciso così di rivolgermi a un neurologo il giorno in cui, in una tranquilla giornata estiva, tornando dall’ufficio, ferma a un semaforo, sono stata colta da una netta sensazione di strangolamento e una percezione di morte imminente, il che mi ha impedito di continuare a guidare. Questa malattia purtroppo porta anche ad avere una disistima di se stessi, perché alla vergogna della paura, si aggiunge quella di essere giudicati dagli altri, entrando così in un circolo vizioso. Dopo un anno di cure, sono totalmente rinata».
Che differenza c’è, chiedono gli studenti a Sorrentino, tra panico e paura? «Il panico è quel tranello del cervello che ci assale all’improvviso. Chi soffre di questi attacchi, in quel momento percepisce un pericolo che non è reale, si autosuggestiona. Come qualsiasi altra malattia, è fondamentale che ci sia consapevolezza per potersi rivolgere a un esperto, perché non si può guarire da soli».
Come si curano, quindi gli attacchi di panico? «La terapia è farmacologica e psicologica. I farmaci sono fondamentali, perché si sta parlando di una malattia a tutti gli effetti. La paura, invece, è una emozione percepita per un qualcosa che sta realmente accadendo nella vita dell’individuo e può essere positiva, perché è il carburante che ci consente, in una situazione di emergenza, di reagire agli imprevisti o ai problemi, quindi va accettata per quello che è». Quanto incidono i media su questi fenomeni? «In realtà - spiega Sorrentino - la paura è diventata una sorta di malattia mediatica, un sentimento ormai sempre più diffuso di angoscia e terrore, dovuto all’uso insistente delle immagini televisive. L’esempio più drammaticamente attuale è rappresentato dall’allarme diffuso da giornali e tv riguardo l’aviaria, con titoli a tutta pagina sui milioni di morti che avrebbe provocato il famigerato virus. Salvo poi, a distanza di poco tempo, affermare che non corriamo alcun rischio e che possiamo tranquillamente nutrirci di questo prezioso alimento».
Ma, passando dai fenomeni di massa ai casi come quello di Silvia, quanto durano le cure? «Se la diagnosi è precoce - risponde Sorrentino - dopo otto mesi, si è fuori dal tunnel. La cosa triste è quando arrivano pazienti dopo 25 anni di danni provocati dagli attacchi di panico non curati. Ma non meno preoccupante è la casistica relativa ai più giovani. Negli studi arrivano sempre più adolescenti.

Tra le angosce più frequenti c’è l’incapacità di comunicare, la paura di apparire in pubblico e i problemi di omologazione».

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