Politica

PANTO «Io, l’ex leghista che ha fatto perdere il Polo»

Stefano Filippi

nostro inviato a Treviso

Nel centrodestra sono furibondi: i suoi 93mila voti autonomisti sparsi tra Veneto e Friuli potevano far vincere la Casa delle libertà. «Non me ne frega niente», taglia corto Giorgio Panto, industriale trevigiano dei serramenti, sponsor dei primi strip-tease televisivi di «Colpo grosso», editore di tre grosse emittenti trivenete e inventore di quel Progetto Nordest che si è rimpinzato di voti leghisti restando però a digiuno di parlamentari.
Non si sente responsabile della sconfitta del centrodestra?
«Finalmente i predatori di questo territorio, ’sti Zaia e Galan si accorgono quanto valgono i nostri voti».
Che alla fine hanno favorito il centrosinistra, o no?
«Sono voti liberi per il nostro territorio, che hanno dimostrato cosa significa essere l’ago della bilancia. Se ne avessimo avuti cinque volte di più, oggi saremmo qua a trattare l’autonomia del Veneto, non la sua svendita. Galan dice che sono un falegname? Me ne vanto, perché gli ho preparato una supposta di tek. Il tek delle mie finestre... Ai pescecani che divorano le sostanze di questo territorio, gli ho dato una tavoletta di tek nei denti».
A lei non è andata molto meglio: non ha portato a casa nessun parlamentare.
«Ma io non devo portare a casa poltrone. Guardate cosa ha fatto Lamon: ha bloccato il Parlamento, e il risultato è stata una valanga di miliardi per i paesi confinanti con le regioni autonome. Questo ha fatto Lamon e questo devo fare io per il mio territorio: far sì che lo stato centrale, sinistra o destra non me ne frega niente, dia l’autonomia. Che si conquista solo con i voti liberi e non schierati».
La Lega schierata ha avuto il federalismo.
«Balle, frasi fatte, quella riforma è una truffa e farò una campagna feroce al referendum. I siciliani di Raffaele Lombardo hanno contrattato. Così si fa. Cosa vuole che m’importi delle poltrone a Roma!».
Non puntava a prendere almeno due senatori?
«A me interessano i voti per questo territorio».
Li avete dimezzati, i voti, rispetto alle regionali.
«Sì, ma anche questa metà poteva far girare l’ago della bilancia. Lei crede che se avessimo votato Berlusconi avremmo l’autonomia? Che contavamo di più?».
Adesso quanto contate?
«Contiamo che la prossima volta i voti non saranno 100mila ma 500mila. La gente capirà che i voti liberi contano».
Quanto ha speso per la campagna elettorale?
«Cosa c’entra, non strumentalizzate, i soldi sono tutti miei e ci faccio quel cavolo che voglio anche perché non avrò rimborsi. Invece lo scriva bene: faremo quello che ha fatto Lombardo in Sicilia. Date risorse al territorio e noi saremo con voi. Non le date? Niente voti».
Mose e passante di Mestre non sono soldi per il Veneto?
«Ma il passante è la punta di un iceberg, il Veneto è fermo da trent’anni, ci vogliono tangenziali, sottopassi, ferrovie, infrastrutture epocali, aiuti alle aziende, sanità efficiente, meno criminalità: invece è tutto sclerotizzato. La Sicilia ha alzato la voce e gli hanno regalato 5mila miliardi dell’Irpef, il ponte di Messina, la nuova banca per il Meridione, un ministero a Micciché. Soldi levati alle nostre regioni a gettito fiscale positivo. E noi quand’è che avremo l’autonomia? Con le chiacchiere? Regalando voti? Il Sud i voti se li fa pagare. Donna Ciampi ha detto che i meridionali sono più intelligenti: ha ragione».
Autonomia che cosa vuole dire?
«Regione autonoma, risorse fiscali a casa propria, federalismo. Il primo passo è il Veneto come il Trentino; il secondo è una macroregione, il Triveneto, sette milioni di persone, la settima potenza industriale europea che si interfaccia direttamente con Bruxelles e non con Roma».
Se fosse stato eletto, a chi avrebbe dato la fiducia?
«Al governo che dava autonomia al Veneto. Sono un profondo anticomunista, ma io lotto per la mia terra. Ho fatto andar su la sinistra? Chi se ne frega, e poi questi sono comunisti all’italiana, hanno la Mercedes fuori dalla porta, non comanda mica Bertinotti».
Chi aveva votato cinque anni fa?
«Berlusconi! Doveva essere la Thatcher italiana.

E prima ancora Bossi».

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