nostro inviato a Colonia
È una visita durata unora ma destinata a entrare nella storia: per la seconda volta, dopo il grande gesto compiuto da Giovanni Paolo II a Roma nel 1986, un Papa entra in una sinagoga. E se questa sinagoga, distrutta durante il pogrom nazista della Notte dei Cristalli, sta in Germania, e il Papa è un tedesco che seppur giovanissimo ha vissuto quegli anni, lavvenimento assume un significato ancora più profondo.
Nella seconda giornata del suo viaggio a Colonia, Benedetto XVI ha incontrato la comunità ebraica: ha parlato dei nuovi «segni di antisemitismo» che si manifestano, ha ripetuto linequivocabile condanna pronunciata dal Concilio Vaticano II contro ogni manifestazione antisemita, ha aperto una pagina nuova rispetto al predecessore, incoraggiando ebrei e cristiani a iniziare un dialogo teologico sulle loro radici comuni. Ratzinger, che ha anche visitato una sala dedicata alla memoria dellOlocausto, è stato accolto dal canto di pace «Shalom alechém» e dal suono dello shofar, il corno rituale che al termine della cerimonia gli è stato regalato.
Nellaccoglierlo, Abraham Lehrer, presidente della comunità ebraica di Colonia, ha sottolineato il ruolo di Benedetto XVI come «pontefice», cioè di colui che «costruisce ponti», e gli ha rinnovato la richiesta di aprire gli archivi vaticani sul periodo della Seconda guerra mondiale: «Sarebbe un ulteriore segnale, anche per pacificare i critici di ogni parte». Poi ha preso la parola il rabbino capo, Netanel Teitelbaum: «La sua visita - ha detto - è un segno contro il nuovo antisemitismo e dimostra che i rapporti tra ebraismo e cristianesimo si stanno rinnovando». Quindi ha aggiunto che in sala era presente la mamma di Lehrer, che «ha sul braccio il numero che gli fu tatuato nel 1941 in un campo di concentramento. Certo, allepoca non poteva immaginare che suo figlio sarebbe stato oggi qui a parlare con il Papa in una sinagoga».
Nel suo discorso, Papa Ratzinger ha ricordato la storia degli ebrei di Colonia, comunità più antica del Nord Europa e i controversi rapporti con la comunità cristiana, citando anche la cacciata degli ebrei avvenuta nel 1424. Quindi Benedetto XVI ha parlato del nazismo, definito «una folle ideologia di matrice neopagana», e ha bollato la Shoah come «crimine inaudito e fino a quel momento inimmaginabile», commemorando i «milioni di ebrei uomini, donne e bambini fatti morire nelle camere a gas».
Il Papa ha fatto sue le parole di Wojtyla: «Chi incontra Gesù Cristo incontra lebraismo». «Davanti a Dio tutti gli uomini hanno la stessa dignità», ha detto Ratzinger e «la Chiesa cattolica esecra come contraria alla volontà di Cristo qualsiasi discriminazione tra gli uomini o persecuzione perpetrata per motivi di razza o di colore, di condizione sociale o di religione». La stessa Chiesa «è consapevole del suo dovere di trasmettere» questa dottrina alle generazioni che non hanno conosciuto lorrore della guerra mondiale.
«È un compito di speciale importanza ha spiegato Benedetto XVI in quanto oggi purtroppo emergono nuovamente segni di antisemitismo e si manifestano varie forme di ostilità generalizzata verso gli stranieri». Ma il Papa vuole guardare avanti: «Dobbiamo conoscerci a vicenda molto di più e molto meglio dice perciò incoraggio un dialogo sincero e fiducioso tra ebrei e cristiani: solo così sarà possibile giungere ad uninterpretazione condivisa di questioni storiche ancora discusse e, soprattutto, fare passi avanti nella valutazione, dal punto di vista teologico, del rapporto tra ebraismo e cristianesimo». Dialogo «che non deve passare sotto silenzio» o minimizzare le differenze esistenti. «Dobbiamo rispettarci a vicenda», afferma il Papa, aggiungendo a braccio: «e amarci». Tra i campi di azione comune ci sono la difesa della vita, la promozione dei diritti umani, la giustizia sociale e la pace. Al termine dei discorsi, dopo lo scambio dei doni, il Papa ha salutato i rappresentanti della comunità, mentre venivano suonate musiche yiddish.
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