Andrea Tornielli
da Roma
È un «grave errore oscurare il valore della famiglia legittima fondata sul matrimonio», attribuendo ad altre forme di unione «impropri riconoscimenti giuridici» e, per quanto riguarda la tutela della vita, bisogna «evitare di introdurre farmaci che nascondano in qualche modo la gravità dellaborto». Benedetto XVI ha ricevuto ieri in udienza gli amministratori della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma e ha criticato nuovamente i Pacs e la pillola abortiva.
Di fronte al sindaco Walter Veltroni, e ai presidenti Enrico Gasbarra e Piero Marrazzo, il Papa non ha rinunciato a elencare le sue preoccupazioni. Dopo avere ricordato laccoglienza che Roma ha saputo dare ai pellegrini giunti per rendere omaggio a Giovanni Paolo II lo scorso aprile, Papa Ratzinger ha detto che da tre anni la diocesi «ha posto la famiglia al centro del suo impegno pastorale, per aiutarla a fronteggiare i motivi di crisi e di sfiducia largamente presenti nel nostro contesto culturale». Quindi ha citato le parole da lui stesso pronunciate lo scorso giugno in Laterano, quando aveva affermato che «il matrimonio come istituzione non è una indebita ingerenza della società o dellautorità, limposizione di una forma dal di fuori, è invece esigenza intrinseca del patto dellamore coniugale». «Non si tratta qui - ha aggiunto Benedetto XVI nel suo discorso agli amministratori romani - di norme peculiari della morale cattolica, ma di verità elementari che riguardano la nostra comune umanità: rispettarle è essenziale per il bene della persona e della società». Queste norme, ha continuato, «interpellano quindi anche le vostre responsabilità di pubblici amministratori, in una duplice direzione». La prima, ha spiegato il Papa, è quella del sostegno alle «giovani coppie nel formare una famiglia e alla famiglia stessa nella generazione ed educazione dei figli». «Al riguardo vengono subito alla mente - ha detto Ratzinger - problemi come quelli dei costi degli alloggi, degli asili nido e delle scuole materne».
Poi Benedetto XVI ha criticato le norme in favore delle coppie di fatto: «Daltra parte - ha detto - è un grave errore trascurare il valore e le funzioni della famiglia legittima fondata sul matrimonio, attribuendo ad altre forme di unione impropri riconoscimenti giuridici, dei quali non vi è, in realtà, alcuna effettiva esigenza sociale». Perché il pontefice ha parlato di questo argomento agli amministratori di Roma e Lazio alla guida di giunte di centrosinistra? La risposta sta nellallarme lanciato lo scorso dicembre da Roma Sette, linserto locale del quotidiano cattolico Avvenire, che criticava la decisione della giunta regionale e del presidente Marrazzo di predisporre un provvedimento legislativo per «forme di assistenza a persone che risultino legate da vincoli affettivi e conviventi anagraficamente con carattere di stabilità», vale a dire le coppie di fatto. A questo va aggiunta la decisione del X municipio di Roma (la popolosa circoscrizione dei quartieri di Cinecittà e Quadraro), di istituire un registro delle unioni civili per le coppie di fatto. Il provvedimento, voluto dal presidente della circoscrizione, Sandro Medici, di Rifondazione comunista, e votato da tutto il centrosinistra, entrerà in vigore nei prossimi giorni: sono già arrivate una quindicina di richieste di iscrizione da parte di coppie di fatto eterosessuali e gay.
Laltro tema trattato da Benedetto XVI, è stato quella della «tutela della vita umana nascente». «Occorre aver cura - ha detto il Papa - che non manchino di concreti aiuti le gestanti che si trovano in condizioni di difficoltà ed evitare di introdurre farmaci che nascondano in qualche modo la gravità dellaborto, come scelta contro la vita». Un riferimento chiarissimo alla pillola abortiva.
Nel suo discorso, infine, Benedetto XVI ha incoraggiato gli amministratori del Comune, della Provincia e della Regione per gli sforzi che stanno compiendo negli ambiti dellassistenza agli anziani e della cura della salute dei cittadini, e per lopera «volta ad alleviare le povertà vecchie e nuove che purtroppo affliggono una parte non piccola della popolazione e in particolare molti immigrati». Durante i saluti finali, Veltroni ha stupito il Papa traducendo in perfetto bavarese la frase romanesca «damose da fa».
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