Il Papa: la mia missione è nelle carte di Wojtyla

Andrea Tornielli

da Roma

«Io considero proprio una mia missione essenziale e personale di non emanare tanti nuovi documenti, ma di fare in modo che i documenti emanati da Giovanni Paolo II siano assimilati perché sono un tesoro ricchissimo, sono l’autentica interpretazione del Vaticano II». In questa battuta dell’intervista che Benedetto XVI ha rilasciato alla televisione polacca, è racchiusa un’importante affermazione programmatica sul nuovo pontificato del Papa tedesco. Joseph Ratzinger è intenzionato a non promulgare tanti documenti, non vuole aggiungere ulteriore carta a quella che è già stata massicciamente prodotta negli ultimi decenni, non soltanto da Papa Wojtyla ma anche e soprattutto dalla curia romana. Una decisione perfettamente in linea con il pensiero più volte manifestato dal cardinale Prefetto della dottrina della fede, che si aggiunge alle altre già assunte in questi primi sei mesi di pontificato.
Benedetto XVI non è l’uomo delle riforme eclatanti o delle grandi decisioni spettacolari. È piuttosto un Papa che intende introdurre un nuovo stile, fatto di maggiore sobrietà e di minore attenzione rivolta alla sua persona, e che vuole introdurlo con piccoli ma significativi passi. Il primo, passato quasi sotto silenzio, ha cambiato una prassi invalsa già da trentun anni: il Papa ha stabilito di riservare per sé soltanto le canonizzazioni, non volendo più celebrare anche le beatificazioni, come si faceva dai tempi di Paolo VI e come soprattutto si è fatto durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Sono così diminuite sensibilmente le cerimonie pubbliche presiedute dal pontefice.
Un altro significativo segnale il Papa l’ha dato in occasione dei grandi incontri pubblici: Ratzinger preferisce non essere presente ai momenti di festa o di spettacolo, limitandosi a presiedere i momenti liturgici e di catechesi. Un esempio significativo è stato ciò che è avvenuto sabato scorso in piazza San Pietro, con i centomila bambini della prima comunione. La festa con i cantanti e le coreografie si è svolta prima che il Papa giungesse sul sagrato. Inoltre, sia alla Giornata mondiale della gioventù, sia all’incontro con i bambini di due giorni fa, Benedetto XVI ha fermamente voluto che il culmine della manifestazione fosse un momento di adorazione eucaristica, fatto inedito per kermesse di questo tipo.
Oggi arriva la notizia, attraverso le sue stesse parole, che il settantottenne Papa tedesco, che ha collaborato così tante volte alla stesura dei più importanti documenti dottrinali del pontificato wojtyliano, non vuole esagerare con la produzione di testi. Intende, insomma, richiamare a una maggiore sobrietà anche in questo, proprio per permettere che il «tesoro ricchissimo» dei documenti di Giovanni Paolo II possa essere assimilato da tutta la Chiesa.
Da queste indicazioni di rotta, precise e univoche, possiamo dedurre che il nuovo Papa, che pure intende attuare una riforma della curia romana rendendola più snella e meno burocratica, procederà con la politica dei piccoli passi. Allo stesso modo, non è affatto detto che Ratzinger convochi prima di Natale un concistoro per la creazione di nuovi cardinali, come invece prevedono diverse fonti vaticane: «Ce ne sono già tanti», avrebbe detto qualche settimana fa.

Conscio di essere il successore di un pontefice straordinario, al quale si sente molto legato, Benedetto XVI ha affermato poche ore dopo l’elezione che «nell’intraprendere il suo ministero il nuovo Papa sa che il suo compito è di far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la luce di Cristo: non la propria luce, ma quella di Cristo».

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