Il Papa sull’enciclica: problemi di traduzione scusate per il ritardo

Al termine dell’udienza il Pontefice ha parlato a braccio e ha ricordato le difficoltà sorte per la versione del testo, anticipate ieri dal «Giornale»

Andrea Tornielli

da Roma

«Prima che il testo fosse pronto e tradotto è passato del tempo...». Ha sorriso, Benedetto XVI, quando ieri, parlando a braccio al termine dell’udienza, ha annunciato «finalmente» l’uscita della sua prima enciclica il 25 gennaio e ha così giustificato il ritardo della pubblicazione determinato da problemi legati alla traduzione. Ieri il Giornale aveva raccontato le difficoltà sorte tra due diversi gruppi di traduttori all’interno del Vaticano e aveva ipotizzato che la lettera Deus caritas est non venisse resa nota questo fine settimana ma a ridosso dell’uscita in allegato con Famiglia Cristiana, prevista appunto mercoledì prossimo.
«Proprio il Pontefice - ha detto il vescovo Paul Cordes, presidente del Pontificio consiglio “Cor Unum” - ha spiegato il ritardo nella pubblicazione, che è stato determinato da problemi di traduzione». Con le sue parole, Papa Ratzinger ha così confermato l’esistenza di intoppi non previsti che hanno prolungato l’attesa e hanno fatto sì che il convegno convocato per lunedì da «Cor Unum», nel quale doveva trovare spazio una presentazione dell’enciclica stessa da parte della regista Liliana Cavani, risultasse prematuro.
La prima lettera di Benedetto XVI sarà dunque pubblicata e presentata il 25 gennaio, nel giorno in cui il Papa si recherà a San Paolo Fuori le Mura per una celebrazione ecumenica a conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ratzinger non si è limitato all’annuncio, non previsto nel testo preparato, ma ha anche offerto una prima sintesi del contenuto dell’enciclica. «Vorrei mostrare - ha detto - il concetto di amore nelle sue diverse dimensioni. Oggi, nella terminologia che si conosce, “amore” appare spesso molto lontano da quanto pensa un cristiano se parla di carità. L’“eros”, questo dono dell’amore tra uomo e donna, viene dalla stessa fonte della bontà del Creatore, come pure la possibilità di un amore che rinuncia a sé in favore dell’altro. L’“eros” si trasforma in “agape” nella misura in cui i due si amano realmente e uno non cerca più se stesso, la sua gioia, il suo piacere, ma cerca soprattutto il bene dell’altro. E così questo, che è “eros” - ha spiegato ancora il Papa - si trasforma in carità, in un cammino di purificazione, di approfondimento. Dalla famiglia propria si spalanca verso la più grande famiglia della società, verso la famiglia della Chiesa, verso la famiglia del mondo». «Cerco anche di dimostrare - ha continuato Benedetto XVI - come l’atto personalissimo che ci viene da Dio sia un unico atto di amore. Esso deve anche esprimersi come atto ecclesiale, organizzativo. In pratica la Chiesa, anche come Chiesa, come comunità, in modo istituzionale, deve amare».
«E questa cosiddetta “Caritas” - ha aggiunto il Papa riferendosi alla seconda parte dell’enciclica - non è una pura organizzazione, come altre organizzazioni filantropiche, ma necessaria espressione dell’atto più profondo dell’amore personale con cui Dio ci ha creati». Poi, sorridendo, Ratzinger ha concluso con l’accenno al ritardo: «Prima che il testo fosse pronto e tradotto è passato del tempo. Adesso mi sembra un dono della Provvidenza, il fatto che proprio nel giorno nel quale pregheremo per l’unità dei cristiani il testo sia pubblicato».


Il testo dell’enciclica è stato corretto fino a tre giorni fa: le ultime revisioni del paragrafo conclusivo sono state consegnate all’inizio della settimana e a causare il ritardo - oltre alle tensioni fra i traduttori di lingua tedesca - è stato il lungo elenco di osservazioni proposte dalla Congregazione per la dottrina della fede.

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