Il papiro che avvolge la storia

Il documento risale al I secolo a.C. e sarà in mostra a Torino da mercoledì

Cleopatra sedeva sul trono d’Egitto. Marco Antonio e Ottaviano, il futuro Augusto, si sfidavano sui mari. Tutto il Mediterraneo era scosso dalla guerra civile tra i capoparte romani. Alessandria d’Egitto, la più vivace e tumultuosa metropoli del mondo antico, viveva giorni frenetici e incerti: il sole del regno dei Tolomei, la dinastia fondata da un generale del grande Alessandro, stava tramontando per sempre. La flotta di Ottaviano era ormai all’orizzonte, sul mare sorvegliato dal leggendario Faro, dopo la vittoria nella battaglia navale di Azio. Nell’estate del 30 avanti Cristo, Marco Antonio si uccise dopo giorni di disperati stravizi nel suo palazzo alessandrino. Subito dopo lo seguì l’amata Cleopatra, trascinata negli inferi dal morso dell’aspide.
Ma proprio in quegli anni, mentre la storia seguiva il suo corso tragico e maestoso, un oscuro copista iniziava a trascrivere su un rotolo di papiro l’opera monumentale di un geografo, Artemidoro di Efeso: ben 11 libri, composti intorno al 100 avanti Cristo. L’ignoto scriba non lavorava con troppa cura, forse distratto dal soffio dei venti di guerra che arrivavano fino al suo quieto studiolo. Compilava colonne di lettere greche, lasciando ampi spazi in bianco in cui un disegnatore avrebbe poi inserito le carte geografiche destinate a illustrare l’opera. Per ragioni che ignoriamo quel lavoro non fu mai terminato. Il papiro non entrò mai in nessuna biblioteca, ma visse una sua piccola e strana storia, passando di mano in mano, finché non finì in un cumulo di rifiuti. Da cui è riemerso dopo duemila anni. Ed è un reperto unico, che contiene la più antica carta geografica del mondo ma anche uno straordinario carnet di disegni dell’antichità.
Il Papiro di Artemidoro è una delle più importanti scoperte degli ultimi anni. Andrà in mostra per la prima volta, dall’8 febbraio al 7 maggio, al Palazzo Bricherasio di Torino (il catalogo è edito da Electa). La mostra è curata da Claudio Gallazzi, che ha scoperto e poi restaurato il papiro nel Laboratorio di Papirologia dell’Università di Milano, e da Salvatore Settis, direttore della Scuola normale di Pisa e massimo studioso dell’arte antica. Ci saranno anche altri reperti che racconteranno i diverse mondi evocati dal papiro. Strumenti e materiali di lavoro degli scribi illustreranno come si componevano e come si sono tramandati i testi antichi. Una sezione della mostra parlerà invece delle scoperte dei geografi e della cartografia antica. Altre sezioni saranno dedicate alle testimonianze sulla pratica del disegno artistico nel mondo greco e romano. Ma la vera star della mostra resta lui, il Papiro di Artemidoro, due metri e mezzo di lunghezza per 35 centimetri di altezza. Dopo lunghe peripezie, era finito nelle mani di un collezionista privato, che alla fine del 1998 decise di metterlo a disposizione degli studiosi. Ora è stato acquistato dalla Fondazione per l’arte della Compagnia di San Paolo e, dopo la mostra, resterà al Museo egizio di Torino.
Nella primavera del 1999 la scoperta del rotolo di papiro fu annunciata da Claudio Gallazzi e dalla tedesca Baerbel Kramer su una rivista specialistica. E la notizia fece scalpore, non solo tra gli addetti ai lavori. La voce che, da qualche parte, era custodito un papiro che conteneva, oltre a un testo perduto, un’eccezionale raccolta di disegni, circolava già da tempo. Ma il reperto superò ogni aspettativa. La trascrizione della Geografia di Artemidoro non era stata completata: solo una delle tante cartine geografiche che dovevano illustrarlo era stata realizzata. Ma, a quanto pare, il disegno fu inserito nello spazio sbagliato, per cui probabilmente, quando ci si accorse dell’errore, il rotolo fu messo da parte e rimase incompiuto. Resta, però, per noi, il disegno di quella cartina, la più antica mappa della storia dell’Occidente: lo schizzo di una parte della penisola iberica, forse la Betica, con le sue strade, i suoi fiumi, con le vignette e i piccoli riquadri che segnalano città e villaggi.
Artemidoro aveva sicuramente viaggiato fino alla Spagna, e la sua opera descriveva il mondo dal Mar Nero alle Colonne d’Ercole. Era un prodotto di quella tradizione di studi geografici che proprio ad Alessandria d’Egitto aveva raggiunto vette altissime. Proprio ad Alessandria aveva lavorato, nel III secolo avanti Cristo, Eratostene di Cirene, il primo a calcolare con impressionante precisione la circonferenza del globo terrestre. Delle mappe dei geografi greci, però, non ci era finora rimasto quasi nulla oltre alle copie medievali delle carte della Geografia di Tolomeo, e comunque nulla di così antico.
Basterebbe quella carta geografica a rendere eccezionale il papiro. Ma c’è dell’altro. Il rotolo doveva essere rimasto nella bottega del disegnatore. Pochi anni dopo, qualcuno, forse il disegnatore stesso, lo riprese in mano. Una mano sicura ed esperta tracciò sul verso del papiro, che era rimasto completamente in bianco, una serie di immagini di animali. Figure realistiche: giraffe, fenicotteri, oche, tigri. Ma anche animali fantastici, grifoni, ibridi tra pesci e draghi, quasi bizzarrie di un pittore fiammingo. Dovevano essere prove d’artista: forse schizzi per figure da realizzare in affreschi o in mosaici, magari campioni da mostrare ai clienti. Cleopatra, a quell’epoca, doveva essere già morta. Lo studio paleografico delle didascalie che accompagnano i disegni fa pensare che l’Egitto fosse già caduto sotto il dominio di Roma. Abbiamo così un cahier d’artiste straordinario: l’antichità non ci ha restituito nulla di paragonabile, e la mente corre semmai ai disegni rinascimentali, alle figure di un Leonardo o di un Michelangelo.
E intanto il rotolo continuava a essere usato. Qualche apprendista della bottega iniziò a disegnare in tutti gli spazi disponibili dettagli di figure umane o particolari di statue: una testa, forse del dio Zeus, si staglia di profilo. Riusciamo così a seguire nel dettaglio il lavoro degli artisti antichi. Un piccolo ma significativo risarcimento per tutto ciò che è andato perduto nel corso dei secoli: la pittura su cavalletto, per esempio, che greci e romani praticavano non meno dei moderni.
A un certo punto tutto il rotolo fu ingombro di disegni. Ormai non serviva più e il suo destino era segnato. Fu mandato al macero e finì in un ammasso di vecchie cartacce, scartoffie burocratiche dell’epoca di Nerone, Vespasiano e Domiziano.

Qualcuno, un giorno, chissà chi e chissà come, avrà trovato quel mucchio di carta pressata. E da lì è iniziata la nuova vita del papiro. Dall’Egitto di Cleopatra alla Torino delle Olimpiadi invernali: un destino che l’oscuro copista di Alessandria non poteva certo prevedere.

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