Cronache

Il Parco del Flauto Magico sotto il maleficio del degrado

Il Parco del Flauto Magico sotto il maleficio del degrado

«Questo è il Parco del Flauto Magico. Qui potete entrare nel mondo incantato di Papageno» è l'invito Carroll-dantesco che campeggia all'ingresso del già Parco Carmagnola di Viale Rainusso a Santa Margherita Ligure. Che nel 1998 venne reinventato dal quel giocoso e geniale artista che fu Emanuele Luzzati ad uso e consumo dei piccoli ospiti. E che oggi scolora tra ruggine, erba, passaggi interdetti e reti violate. Sulle note del Flauto Magico di Mozart, con Luzzati a schizzare giochi, sagome e sculture di raffinata bellezza; e a tracciare i percorsi della fantasia su quel parco in salita, con metri di ceramica a narrare la storia del Flauto. Un divertissement in punta di pennello, in cui l'arte scardina l'hortus conclusus per flirtare con quell'argento vivo che si dondola senza fine sui cavalli a molla e arranca nella gabbia di Papageno. Che ci vorrebbero mille soldatini di piombo per vegliare su cotanto parco, lasciato un po’ così, con la ruggine su molle e faretti d'ordinanza, erba che cresce dove non dovrebbe, sedili troppo lontani dal tavolo, colori sbiaditi, e un re cui son cadute le braccia, in senso reale (e metaforico).
Prendi per la scalinata: le aiuole corteggiano i giochi in legno mal ristrutturati e uno scheletro in ferro s'è perso le rose. Più in su la toilette, ci butti un occhio, uno straccio umido è abbandonato all'ingresso. Sali ancora, i bambini saltellano nella grande «gabbia» di legno. Accanto, la rete di cinta che separa il Parco dal viale d'accesso alla Villa sede del Dipteris dell'Università di Genova e dell'Area Marina del Parco di Portofino. Qualche passo ancora e ti accorgi che la rete è divelta e consente un agevole passaggio nonostante tacchi e tubino. In alto, a ridosso della ferrovia, la sede del Dipartimento. Incroci un ricercatore che stupisce nel vederti ficcanasare lì intorno: «Il cancello era chiuso, no?». Gli fai notare il buco nelle rete, ed è vero che magari era bene non entrare visto che all'ingresso c'è tanto di cartello di videosorveglianza etc. etc., ma se il naso ce lo ficcava un bimbetto o un ragazzino all'avventura? Già, rientri dal buco, e ti viene in mente quel film d'essai, Insalata Russa, con la sua finestra-porta del tempo. Ti fai un altro giro; accanto alla «gabbia» di Papageno una sorta di ponte in legno che oltrepassa il viale interdetto per collegare il Flauto Magico all'altra porzione di Parco occupata dal minigolf. L'accesso al ponte è bloccato da bidoni e carriola. Tu, sempre con tacchi e tubino, getti le gambe oltre l'ostacolo (a prova di bimbo!), sali la scala, fai il ponte e dove sbuchi? Se avessi 10 anni potresti fantasticare d'un Giardino segreto, ne hai qualcuno in più e prendi atto del degrado. Erbacce ovunque, tracciato del minigolf inagibile, praticamente tutt'uno col verde rigoglioso, e casotto rigorosamente blindato, sedie accatastate sul retro e targa d'ordinanza: «Realizzato col contributo della Fondazione Carige».
Cancello principale per accedervi, chiuso; e le statue di Luzzati dimenticate sulle note del Parco che fu. A ritroso, sul ponte che non avresti dovuto attraversare, sei di nuovo dal «buco». E c'è anche il ricercatore di prima, questa volte in camice bianco, giusto per collocarsi; sta cercando di ricomporre la rete sfondata, «così non si fa male nessuno». Gli dai una mano, lui tira, tu annodi mentre ti racconta che con gli altri colleghi sta lavorando allo sviluppo del pesce azzurro. Interessante. Beh, pochi minuti e la toppa tappa, ma il problema va un po' oltre. Saluti e guadagni l'uscita, i bimbi scatenati se la giocano che è un piacere strapazzando Luzzati che con i suoi colori li coccola, li stimola e regala quell'armonia che entra negli occhi ignari e torna dopo, negli anni della consapevolezza. Tutto vero, ma il punto resta che 'sto parco «evoluto» a misura di ragazzino e benedetto da cotanto artista non può perdersi in rappezzi. E l'inspiegabile lo giri al sindaco Roberto De Marchi che ti stoppa: «Questo Parco è frutto di una scelta irresponsabile: non si sono posti il problema se fosse sostenibile». Nel senso della manutenzione? «Certo. E l'area destinata ai bambini, proprio per motivi di sicurezza, doveva essere nel sito senza dislivelli, ossia al posto del mingolf, che va smantellato». E poi, «diciamola tutta: Luzzati è un genio, ma non di domotica e di progettazione di parchi per bambini. Questi giochi sono pericolosi. E le stesse opere in legno, quando devi ristrutturarle non puoi mica chiamare un falegname qualunque...». Il suggerimento? «Prendiamo le opere di Luzzati e salvaguardiamole in un percorso museale, lasciando i parchi a chi li sa fare». De Marchi punta alla radice del problema, che porterà in giunta, ma restano un po' di cosucce pratiche e incolte da sistemare.

Forse una maggiore attenzione al look senza pretendere il lifting? Così «insieme alla musica di Mozart entriamo (davvero) tra boschi e fiori dipinti».

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