Parigi mette all’asta i vini di Chirac

Per alcuni è un sacrilegio: «Ora gli ospiti berranno Coca e grappa»

Manila Alfano

Il Chateau Pétrus era uno dei suoi preferiti. Chirac lo aveva scelto per almeno tre incontri speciali: quando aveva ricevuto Bush padre, per Leonid Breznev e per Papa Giovanni Paolo II. Ieri è andato all’asta insieme ad altri «pezzi» della pregiata collezione. Cinquemila bottiglie di pregiati vini francesi raccolti tra il 1977 e il 1995, nella cantina dell’allora sindaco Jacques Chirac. Nella collezione non mancano rare annate di Romanée Conti, il Chateau Margaux e il Chateau d’Yquem, il preferito da Thomas Jefferson e dalla Regina Elisabetta II. All’Hotel de Ville, il palazzo del comune della capitale francese, Chirac deliziava gli ospiti con colazioni di lavoro e ricevimenti di gala innaffiati da bordeaux e champagne di primissima scelta. Non a caso, Chirac, prima ancora di salire all’Eliseo, si era guadagnato l’etichetta di bon viveur.
La decisione di disfarsi dei vini di Chirac è stata presa, personalmente, dall’attuale primo cittadino di Parigi, il socialista Bertrand Delanoe che ha infatti deciso di mettere all’asta il patrimonio vinicolo. Il sindaco considerava ormai anacronistico e costoso viziare i visitatori con bottiglie «troppo buone», optando per un’astuta operazione di austerity e d’immagine.
La notizia è planata sul tavolo di enologi e collezionisti come una sorta di miracolo, un’occasione storica per strappare al comune di Parigi bottiglie di alto lignaggio, alcune quasi introvabili. I curatori contano di ricavarne 800mila euro: una vera e propria «boccata d’ossigeno» per le fameliche casse municipali. Un assaggio della vendita si è avuto ieri con un lotto di sei bottiglie di Chateau Laffite-Rothschild 1998: base d’asta 900 euro. Le bottiglie della ex cantina di Chirac che verranno messe in vendita in tutto sono esattamente 4.960. I tre quarti del totale: «Ce ne sono circa 7mila», precisa Claude Maratier, l’esperto incaricato di valutare i 793 lotti che andranno all’asta. Alcune costano fino a 2.500 euro, ma c’è qualcosa anche per i portafogli meno ricchi che potranno portarsi a casa dei lotti di 12 bottiglie di Morgon Les Charmes (beaujoulais) per appena 48 euro o 18 bottiglie di Deschartrons, un bordeaux bianco, al prezzo stracciato di 16 euro. I proventi, ovviamente, andranno al bilancio municipale. È facile vedere dietro quest’asta di grandi Cru non solo l’intento di rimpinguare i forzieri ma qualcosa di più simbolico. Non è più tempo di grandeur, le casse dello Stato sono povere, la Francia in questa stagione di crisi economica e ideologica, con il fantasma del precariato all’orizzonte e le banlieue in subbuglio, ha poco da brindare. Parigi, secondo l’etica socialista, deve dare l’esempio. Lo champagne di Chirac è un lusso che questa Francia non può permettersi. Almeno per ora. I socialisti, non tutti magari, sperano che a cambiare le carte in tavola arrivi l’era rosé di Segolène Royal, magari per una collezione di bottiglie tutta al femminile. Queste le ragioni più intime dell’asta, il motivo ufficiale è un po’ apocalittico. Si vende per il timore che una piena improvvisa della Senna possa allagare le cantine dell’Hotel de Ville e distruggere il nettare accumulato - con i fondi del comune, si suppone - dai precedenti sindaci. Un problema semplicemente logistico quindi, come fa notare Nicolas Milosevic, dall’ufficio del sindaco: «Non possiamo continuare a riempire la cantina». I più informati invece ripetono che è solo una questione politica. C’è un forte desiderio di Delanoe di dare un’immagine più sobria. Come osserva il signor Maratier, «mettere in tavola 10 bottiglie di Chateau Petrus significa metterci 25mila euro, e non necessariamente è ragionevole». Gli ospiti potranno dolersene, ma oggi «preferiamo i cocktail in piedi». Fra quelli che non gradiscono, Bernard Bled, che da segretario generale del municipio costituì la cantina. «Mi dispiace che si venda il vino dei parigini.

Io resto fiero di aver contribuito a creare quella cantina. È triste sapere che ora sarà riempita da casse di grappa o di Coca-Cola». Fuori un gruppo di moscoviti e due cinesi stanno aspettando di vedere il vino in vendita.

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