Le parolacce sono l’unica arma rimasta alla satira di sinistra

Salve dottor Granzotto. L’altra sera, facendo zapping, mi sono imbattuto in un programma di Crozza su La 7, di cui non ricordo il titolo. Ho seguito per pochi minuti uno dei suoi sketch e devo dire che per fortuna è stato inventato il telecomando. Non mi fraintenda, Crozza è bravo, ma non sopportavo la marea di parolacce che diceva. Stessa cosa ieri sera, con i comici di Zelig in un programma di Canale 5, «Svisti mai visti». Ma che bisogno c’è di dire parolacce per far ridere? Mah, sarò all’antica, ma come mi piacciono i film di Totò, Louis de Funes, Fabrizi, Sordi, film che anche se visti e rivistiti strappano una sana risata, senza il bisogno del turpiloquio! Che ne pensa?
Quiesa (Lucca)

La parolaccia è progressista, caro Bastianelli. È «sinceramente democratica». Irride infatti il decoro piccolo borghese, il garbo, la buona educazione e il senso morale dei benpensanti, quella gentaccia reazionaria che magari è anche capace di votare per Berlusconi. Crozza è bravo e delle parolacce potrebbe fare a meno. Ma ne inzeppa i suoi monologhi per compiacere la così detta società civile&di sinistra, che infatti lo porta in palmo di mano. Luttazzi, che bravo non è e che ora s’è pure scoperto - beccandosi l’anatema dell’Unità: il fuoco amico - che le sue battute sono copiate pari pari da quelle di una dozzina di comici americani, o è tutto un turpiloquio o non esiste. Senza una sfilza di male parole, senza i suoi pindarici voli scatologici si troverebbe ridotto a fornire le proprie braccia all’agricoltura, che detto fra parentesi di braccia ne ha tanto bisogno. C’è poi da fare un distinguo molto politicamente corretto. Crozza, Luttazzi, Grillo, Rossi, Littizzetto, Dandini e gli altri della compagnia di giro non sono e desiderano non essere chiamati comici. È gente che fa satira, caro Bastianelli. Non mirano a strappare la risata, che se viene è comunque gradita. La loro è una performance ad alto tasso etico: mica calcano il palcoscenico per divertire il pubblico, ma per spellare vivo il potere (Berlusconi). In quella meritoria battaglia civile il munizionamento non è costituito dalle idee, che mancano, ma, appunto, dalla parolaccia. Dalla ripetuta, insistita trasgressione verbale che dovrebbe non solo testimoniare quanto sono liberi, indipendenti e democratici i satirici di regime, ma anche épater le burgeois, scandalizzare il buon borghese. Senza rendersi conto che per essere stata fin troppo inflazionata la volgarità non mette più a disagio nessuno, nemmeno il più borghese dei bourgeois: piuttosto genera noia, ciò che un comico, anche un comico elevatosi a satirico, dovrebbe evitare come la peste. Così vanno le cose, caro Bastianelli, e non se ne faccia un cruccio: non ne vale la pena. Tanto, come lei ricorda, c’è il telecomando. La consoli il fatto che la falange satirica seguita ad assottigliarsi e molti dei componenti oggi non raccattano neanche più una scritturella per la sagra di qualche paesino di mezza collina.

Quei malcapitati dicono che è censura, che è un complotto per imbavagliare la libertà di espressione come faceva il fascismo (il comunismo no, non viene mai chiamato in causa), ma pure quella, come le parolacce, è una solfa venuta a noia. E poi, quando manca il talento, anche la spesa per un solo bavaglio - in puro cotone quanto potrà valere, cinque euri? - son soldi buttati. Tanto, si tacciono da soli.

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