Parsi: «La politica del commercio ora si fa in Oriente»

L’esperto: «Il fallimento della Wto non avrà conseguenze immediate, ma indubbiamente è un pessimo segnale politico»

Parsi: «La politica del commercio ora si fa in Oriente»

da Milano

In un clima da day after l’Europa assiste impotente al fallimento dei negoziati della Wto che si sono svolti a Ginevra. Un fallimento, quello del Doha round, che indebolisce ancora di più il commercio internazionale in una fase critica dell’economia mondiale. È indubbio che il baricentro si sia spostato, irrimediabilmente. Verso l’Asia, certo. Ma anche in Sudamerica (Brasile in testa).
«Nell’immediato non ci saranno grandi conseguenze, ma è un pessimo segnale politico», dice al Giornale il professor Vittorio Emanuele Parsi, docente di politica internazionale all’Università Cattolica di Milano.
Professore, in sostanza da Ginevra escono sconfitti Europa e Stati Uniti, vale a dire l’Occidente...
«In un certo senso sì. La Cina, ma anche l’India, si sono presentate al Doha round in condizioni vantaggiose. Mi spiego: avevano più da guadagnare, quasi nulla da perdere. La Cina, in particolare, si chiede fino a che punto stare nelle regole stabilite da altri rappresenti un ostacolo alla propria crescita economica. Quando si sarà data questa risposta punterà i piedi per far valere il suo peso. Non dimentichiamo che Cina e India rappresentano 2,5 miliardi di persone su 6».
Certo, ma laggiù c’è anche un regime...
«Questo è il punto. A Pechino il potere economico non rappresenta un contraltare al potere politico».
Quindi?
«Nel momento in cui il potere politico prende determinate decisioni, il potere economico si adegua».
Allora aveva visto giusto Giulio Tremonti...
«Certo. Perché è molto difficile avere un commercio internazionale completamente liberalizzato senza un potere politico egemone che detti le regole. La Cina è il caso emblematico: è fuori dall’area politica, e di protezione, degli Stati Uniti. E considera Washington alla stregua di un nemico. È questa la differenza tra Cina e Giappone».
Globalizzazione sì, globalizzazione no...
«Questa volta la sessione della Wto di Ginevra si è inceppata sulle derrate alimentari. In passato i negoziati fallirono sulla proprietà intellettuale. La globalizzazione è un fatto positivo, ma deve essere governata».
Disfatta per la triade Barroso, Lamy, Mandelson?
«Forse. In ogni caso c’è bisogno di unità occidentale. Un Occidente coeso rafforza anche l’Europa ed è in grado di attrarre le potenze emergenti. Occorre far capire soprattutto alla Cina che le conviene stare con gli altri.

E ci vuole un Occidente, unito, che faccia un accordo complessivo non solo sul commercio, ma anche sui cambi valutari».
Pechino ha giustificato la propria posizione intransigente agitando la difesa dei propri poveri...
«In realtà è solo un pretesto per difendere i loro ricchi. Bloccare le importazioni significa solo questo».

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