Sanremo - Inizierà così. Inizierà con un quadro di Chagall sul megaschermo e una silohuette di Domenico Modugno che darà, cinquant’anni esatti dopo Volare, la benedizione al nuovo Festival. Parte lieve lieve, questo Sanremo, per diventare in cinque serate quello che gli italiani si aspettano: una festa del buonumore, senza ghirigori polemici che piacciono tanto alla stampa ma poco al pubblico. E così ieri tutto lo stato maggiore del Festival, Pippo Baudo, Piero Chiambretti, Bianca Guaccero, Andrea Osvart e il direttore Fabrizio Del Noce hanno tenuto la conferenza stampa più soffice della storia recente, tutta sorrisi, battute e timide anticipazioni che non guastano mai. Persino la stilettata di Libero, che ieri preannunciava un festival pericolosamente sinistrorso visti gli argomenti delle canzoni in gara, si è subito afflosciata sotto le parole di Baudo: «I temi sociali non sono né di destra né di sinistra». E, comunque, quando sono stati selezionati i brani, a dicembre, la campagna elettorale sembrava ben lontana, roba di anni. D’altronde, come chiosava Chiambretti, «le canzoni sono state termovalorizzate da Pippo», il che significa che di politica non c’è l’ombra, altro che par condicio. Ma quello che conta è lo spettacolo. Perciò, dopo l’omaggio a Modugno (si parla di un grande ospite a sorpresa ma non troppo) inizierà uno sketch che sulla carta si presenta tra i più divertenti degli ultimi anni. I sosia. Invece di Pippo Baudo arriveranno 11 comparse vestite come lui, così tanto identiche a lui da mandare in tilt Piero Chiambretti che ci sghignazzerà su per un bel po’ prima di presentare Paolo Meneguzzi nel ruolo ingrato di apripista. Sua Pippità arriverà solo dopo, anzi emergerà da sotto il palco grazie a una botola. Vi immaginate gli applausi? Sarà un’ovazione. Poi toccherà ad Andrea Osvart (solo domani sarà il turno di Bianca Guaccero) che entrerà in scena accompagnata sullo schermo da James Bond. E allora inizierà la lunga trafila di cantanti che, tra big e giovani, dovranno fare a gara anche con i tempi. Chi invece gareggerà con un altro sosia è Piero Chiambretti che si troverà anche lui un bel clone sul palco intorno a metà serata. Potenza della conduzione in coppia, autentica novità di questo Festival numero 58. E in coppia, ben prima del super rockettaro Lenny Kravitz, arriverà anche Carlo Verdone, pure lui ospite sdoppiato perché sarà all’Ariston sia stasera che sabato. Per il suo debutto, avrà di fianco Geppi Cucciari, che recita con lui in Grande, grosso e Verdone che esce il 7 marzo, film evento perché celebra ancora una volta le maschere più famose del comico e, un po’, anche il tratto saliente di tanti italiani: il qualunquista, il coatto, il precisino.
E così, impeccabile e precisa come la marcia di Radetzky, la prima puntata del Festival arriverà a sforare la mezzanotte, consegnandosi al Dopofestival presentato da Elio e Le Storie Tese, ieri un po’ smarriti nella fossa dei giornalisti. Loro, quasi surreali, hanno semplicemente annunciato di essere i «Guastafestival» e poi si sono arroccati nelle battute che da oltre vent’anni sono il loro salvacondotto per rimanere sempre nella zona franca dell’ironia. Chi ne è uscito per qualche istante è stato Baudo, molto tranchant sulla mancata partecipazione di Francesco Renga come super ospite. «In fondo lui – ha detto – ha soltanto vinto un Festival e ha da poco presentato un album di cui ho perso le tracce». Sorbole, che stoccata. In realtà Renga gli aveva parlato di un progetto a favore del microcredito in Senegal, assicurandogli la presenza a Sanremo sia di Patti Smith che di Youssou N’Dour. «Mica gente qualunque», ci ha scherzato su il cantante che di tutto si può accusare tranne che di essere un presenzialista (però per Baudo ha la macchia nera di aver vinto il Festival nell’era Bonolis).
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