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La partita che si gioca a Berlino decide la politica estera del futuro

di Lodovico Festa

Ogni tanto sull'onda delle polemiche ci si mette a interpretare gli eventi, anche quelli giganteschi finanziari in atto, sulla base di pettegolezzi: quel Juergen Stark sarebbe solo uno che ce l'ha sempre avuta con gli italiani, una battuta di Silvio Berlusconi sconvolgerebbe l'euro e così via. Naturalmente la storia è fatta anche di episodi casuali. Conta l'effetto naso di Cleopatra. Come si dice: se fosse stato più corto sarebbe cambiata la storia della Terra. Però nel definire equilibri pesanti come quelli oggi in ballo bisogna cercare di vedere meglio uno scenario complessivo dove il mancato decollo nei tempi previsti degli Stati Uniti riversa una quantità di liquidità ingovernabile (e dunque eccitatrice di speculazione) su tutti i mercati.
Non è credibile che, a parte il caso Stark, altri ambienti tedeschi mettano in giro notizie sul possibile default della Grecia (dando innanzi tutto un brutto colpo alle banche francesi ricolme di buoni di stato ateniesi) se oltre qualche mal di pancia non ci sono in ballo anche scelte strategiche. Per capire la portata della posta in gioco bisogna pensare a un mondo nel quale nel giro di qualche decennio, tra i primi Paesi al mondo per prodotto interno lordo non ci saranno più Gran Bretagna, Francia e Italia, bensì India, Cina e Brasile. E anche Germania e Giappone arretreranno nelle graduatorie. In sé, che la grande globalizzazione arricchisca il pianeta non è un male, ma sono evidenti gli effetti geopolitici immediati che tutto ciò determina.
Un'Africa brulicante di cinesi alla caccia di materie prime pone molti problemi a tutti: sbagliare una previsione come ha fatto Berlino, su Muammar Gheddafi, scommettere che resisterà e invece vedere prevalere il punto di vista di Parigi, è costata ad Angela Merkel la reprimenda di due grandi vecchi come Helmut Kohl e Helmut Schmidt. Le mosse successive (a sostituire Stark andrà il socialdemocratico Joerg Asmussen e l'ex cancelliere Gerhard Schroeder si è speso per rafforzare euro ed Europa, con più saldi legami anche con Mosca) indicano che la partita è molto aperta e va bene interpretata.
In Germania alla fin fine si discute dell'asse generale della politica nazionale nei prossimi decenni: se Berlino dovrà puntare sulla costituzione di un'area ristretta nord-est europea più o meno in via d'integrazione con i russi, o se invece riuscirà a tenere fermo l'obiettivo di una grande Europa legata al Mediterraneo con nello sfondo anche quello che era il progetto iniziale della Merkel: una zona di liberi scambi con gli Stati Uniti. È evidente per chi battono i nostri cuori di cittadini di una nazione che si identifica nei destini dell'Europa. Però anche per sconfiggerlo, è necessario avere ben presenti le ragioni di chi è per un'altra scelta che non è essenzialmente umorale («i soliti antitaliani», come è stato goffamente detto) ma rispecchia punti di vista (e interessi) reali di establishment ed opinione pubblica tedesca. Se quella che si sta tenendo è una partita sui destini e non giochetto da portinaie, ne vanno ben registrati tutti gli aspetti decisivi: chi si è messo qualche mese fa a sabotare le alleanze tra finanza italiana e francese che aiuterebbero a trattare meglio con i tedeschi, dovrebbe farsi un serio esame di coscienza. Chi ha passato il suo tempo a insultare Vladimir Putin e Silvio Berlusconi per i loro rapporti, dovrebbe adesso meglio considerare quello che sta avvenendo. Chi ha insistito sul fatto che Barack Obama non prendeva in minima considerazione il governo italiano, dovrebbe chiedersi perché Washington è in così forte sintonia con Roma e tra Palazzo Chigi e Casa Bianca si susseguono i contatti.
Senza dubbio la partita tedesca si gioca innanzi tutto in Germania: ma in un mondo così interdipendente le alleanze che si vengono a delineare nei momenti di maggiore crisi diventano un fattore decisivo anche per le scelte casalinghe.

Se si riuscisse a far giocare bene a Roma questa partita, senza quei frullatori di sterco che sono le procure impazzite, facendo uscire dalla loro meschinità gli ometti della politica nazionale (e anche un po' quelli dell'economia) l'Italia potrebbe dare un contributo di maggior peso per assumere scelte più sagge.

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