Lo spacciatore e i due clienti arrivano senza tante precauzioni, neppure un’occhiata per verificare se ci sono «sbirri» in giro. Si infilano nello stabile e dopo un po’ gli acquirenti se ne escono con altrettanta tranquillità. Qualche minuto poi altri compratori entrano, trattano, comprano, e se ne vanno. E così per tutta la giornata. Una normale giornata di spaccio in via Oglio 8, zona residenziale di corso Lodi, uno stabile abbandonato e subito «preso» da una mezza dozzina di pusher che ne hanno fatto il loro quartiere generale. Ovviamente tra le mille paure dei residenti.
Via Oglio 8 era già balzata agli onori della cronaca nel maggio del 2008 durante la realizzazione dello stabile, quando tre studenti della Cattolica girarono un video per documentare il lavoro di operai senza protezioni a 20 metri d’altezza. Una chicca, perché l’impresa edile era una cooperativa e parte degli uffici erano destinati alla Cgil. La confederazione infatti era proprietaria del terreno che, incolto da decenni, era diventato edificabile nel 2006. Il sindacato cedette l’area a una società, che avrebbe edificato il complesso, ricevendo in cambio alcuni locali. I lavori furono affidati al consorzio cooperative Virgilio di Mantova, che a sua volta subappaltò alla Itercoop.
La costruzione, un edificio di nove piani collegato a uno più basso di tre incastrato tra bei palazzi e un asilo nido, venne completato nell’autunno del 2009. Ma nessuno ci entrò mai. E in inverno arrivarono gli «inquilini», una piccola banda di spacciatori, una mezza dozzina di persone, tra cui una ragazza bionda, prostituta a tempo perso. Sfondarono la porta, portarono letti e masserizie di fortuna e si installarono, usando il terrazzo dell’edifico più piccolo come toilette all’aria aperta. Ma soprattutto «aprirono bottega». Il giro d’affari si ampliò rapidamente e da allora il via vai è continuo. Creando non poca apprensione tra i residenti, oggetto di occhiatacce torve e qualche velata minaccia. Come quando nel cortile dello stabile scoppiò una violenta lite e qualcuno chiamò la polizia. Arrivò una volante, gli agenti controllarono gli occupanti, verificando come fossero tutti ben noti pregiudicati. «In quell’occasione - racconta ora un anonimo residente - il capo banda si rivolse a un nostro amico lasciando intendere come avesse capito che proprio lui aveva chiamato il 113».
In casi del genere però polizia però non può fare molto. Per sgomberare uno stabile «di iniziativa» sono infatti necessari gravi motivi di sicurezza o di ordine pubblico. Oppure le denunce del proprietario dell’edificio o dei residenti, finora mai presentate. «Proprio per questo stiamo ora raccogliendo le firme - spiega lo stesso anonimo cittadino -. Non ne possiamo più di tener chiuse le finestre per non vedere gli spacciatori fare i loro bisogni sotto i nostri occhi.
A un passo dal centro al posto della Cgil c’è il forte della droga
LA STORIA Un palazzo in ostaggio in via Oglio . Nove piani di uffici destinati a ospitare anche il sindacato sono un covo di spaccio e di sbandati
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