Pausa pranzo? Sì, ma col cibo portato da casa

Il dietologo: «Per lo spuntino veloce, meglio frutta e yogurt»

da Roma
La pausa pranzo al bar o al ristorante è decisamente sul viale del tramonto. La risposta dei colletti bianchi italiani contro il rincaro di tramezzini e panini da consumare in fretta prima di rimettersi a lavoro è la colazione al sacco, la «schiscetta»», come dicono i milanesi, che hanno rilanciato questo vecchio costume. Più sana e meno costosa da gustare insieme ai colleghi nelle sale riunioni, negli open space o seduti al tavolo davanti al computer. A segnalare la nuova tendenza è uno studio condotto dal Cna, Consorzio nazionale per il recupero dell’acciaio.
Insomma, sembrano davvero finiti i tempi in cui, armati di cappotto e borsa, si correva per raggiungere il «solito bar» e godersi, comodamente seduti a parlare con i colleghi, il break di mezzogiorno. Per gli impiegati che si barcamenano con ticket spesso esigui, o addirittura senza, il problema del pranzo si risolve puntualmente in vere e proprie stangate.
Secondo i calcoli di «Intesa consumatori» - che riunisce le maggiori associazioni a tutela dei consumatori, Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori - la pausa pranzo è diventata un vero e proprio lusso. Basti pensare che per mangiare qualcosa di sostanzioso in un esercizio pubblico gli italiani spendono l’83% in più rispetto al 2001, prima dell’avvento dell’euro.
Ma i dati di Intesa consumatori non si fermano qui e rivelano che la pizza margherita costa il 109% in più e il tramezzino del bar ha subito un rincaro 96%, come anche una bottiglietta d’acqua. E non andrebbe certo meglio se si dovesse optare per un refrigerante cono gelato che regalerebbe più che altro una doccia fredda, visto che il suo prezzo è aumentato del 96%. Ci si arma allora di sacchetti, contenitori e thermos per ovviare al problema del caro vita con qualche manicaretto preparato a casa. Ma cosa preferiscono mangiare gli italiani in ufficio?
Al primo posto, con il 25% di preferenze, si trovano preparati domestici come pasta e riso che, il 22% degli intervistati, ha dichiarato di portare in ufficio dentro scatolette di acciaio a banda stagnata. Poi con il 18% di preferenze, i cibi precotti da riscaldare a microonde, quindi, con il 13,5% di preferenze, i panini e i tramezzini.
Tra i cibi in scatola che vanno per la maggiore si trovano la carne abbinata all’insalata (31%), il tonno con i pomodori (27%), le insalatissime con i crackers (14%), e le scatolette di piselli o mais con riso (11%).
Per lo svolgimento dell’indagine, sono stati fatti due focus group, uno a Milano e uno Roma e sono state effettuate 300 interviste telefoniche.
Non è comunque facile - spiegano i medici - trovare il giusto equilibrio per un pasto che sia buono, variegato, leggero ma sostanzioso e, naturalmente, facilmente trasportabile. Gianpaolo Giovannone, dietologo presso l’ambulatorio di dietologia della Asl di Roma e medico ospedaliero, offre qualche suggerimento: «Bisogna portare da casa il necessario per tre piccoli pasti: il pranzo e due spuntini, da consumarsi a metà mattinata e a metà pomeriggio.

Gli spuntini possono essere costituiti da frutta o da uno yogurt, che sono alimenti con una veloce diregibilità. Il pasto principale, invece, deve essere completo e contenere, quindi, carboidrati, proteine, grassi e fibre».

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