Il Pd in imbarazzo sul senatore: Tedesco rischia di finire in cella

RomaSpira il vento freddo dell’imbarazzo dentro il Partito democratico, all’indomani della richiesta di arresto per Alberto Tedesco, ex assessore alla Sanità di Nichi Vendola. Una vera e propria scossa tellurica che mina alle fondamenta il pulpito immacolato dal quale gli esponenti dell’opposizione in queste settimane hanno potuto impostare la loro campagna anti-premier. Il rischio, ora, per i dirigenti di via del Nazareno, è quello di restare prigionieri del loro stesso giustizialismo e di essere «costretti» a votare a favore dell’autorizzazione a procedere. E questo nonostante l’ingresso in Parlamento di Tedesco fosse stato letto da molti come l’assegnazione di una sorta di salvacondotto giudiziario da parte del suo partito.
L’ex assessore, già sotto inchiesta, subentrò nel 2009 come primo dei non eletti prendendo il posto di Paolo De Castro, fresco di successo alle Europee. In quell’occasione dubbi e perplessità vennero sollevati dalla stessa capogruppo, Anna Finocchiaro. Ora i nodi sono arrivati al pettine e i parlamentari del Pd dovranno metterci la faccia e uscire allo scoperto.
Alberto Tedesco, per il momento, ha deciso di autosospendersi dal partito e dal gruppo democratico di Palazzo Madama per consentire al Senato, ha spiegato, di valutare con serenità la sua posizione. Martedì prossimo la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, esaminerà le carte provenienti dalla Procura barese contenenti la richiesta di autorizzazione all’arresto. Il faldone di oltre trecento pagine è già sulla scrivania di Marco Follini, presidente della Giunta per le immunità, che promette una decisione entro una settimana. L’orientamento di massima di via del Nazareno è quello di dare il via libera all’arresto, ma ci si muove su un crinale delicatissimo. Pare che, di comune accordo con Tedesco, sia stato deciso di non ufficializzare alcuna decisione per non influenzare l’opinione dei membri della Giunta. Sotto sotto, infatti, dalle parti del Pd si spera di uscire dalla prova del voto con la botte piena e la moglie ubriaca, ovvero con l’autorizzazione all’arresto negata dal voto del Pdl e il voto favorevole o l’astensione del Pd.
Sulla posizione che la creatura politica guidata da Pierluigi Bersani assumerà al momento decisivo regna la consegna del silenzio. Tra i pochi ad esporsi c’è Rosi Bindi che non rinuncia al suo profilo da dura e pura e si schiera per l’arresto. «Il caso Tedesco riguarda il Senato e io non ho visto gli atti, personalmente credo che dobbiamo avere un orientamento molto semplice e coerente: se ci sono gli estremi per l’arresto, io ritengo che lo strumento per l’autorizzazione a procedere dei parlamentari, anche all’arresto, non possa essere considerato uno scudo protettivo che faccia considerare i parlamentari di serie A rispetto agli altri cittadini. La Giunta - continua la Bindi - deve fare questa verifica e deve valutare, ma se ci sono delle responsabilità, penso che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge, anzi un politico dovrebbe essere più uguale degli altri».
Chi, fedele alla sua mission, non solo è deciso a votare per l’arresto ma vuole anche incassare dividendi di immagine dagli imbarazzi del Pd è Antonio Di Pietro. «Venti giorni fa il Pd ha votato con il Pdl il trattato con la Libia.

E quando si tratterà di votare l’autorizzazione per Tedesco voglio vedere come si comporterà» dice il presidente dell’Italia dei Valori. «Sull’immunità parlamentare alcuni esponenti del Pd sono tentati dall’inciucio. Temo troverà un accordo con la maggioranza: della serie oggi salvo me, domani salviamo te».

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