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«È il Pd la minaccia per la maggioranza»

Giordano (Prc): gli intrighi vengono da Margherita e Ds. Ferrero: ma l’accordo sul welfare va cambiato

da Roma

Preoccupati per il futuro del governo. E sempre convinti che a tramare contro Romano Prodi siano i centristi della maggioranza. I partiti della sinistra radicale si confermano i principali alleati del premier. E sulla difesa del governo in carica, ritrovano l’unità che avevano perso a causa della manifestazione del 20 ottobre e del protocollo sul welfare. Che a questo punto sono sicuri di poter modificare.
Lo spunto viene dal voto di giovedì al Senato sulla Rai. «Questi intrighi - ha attaccato il segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano - vengono sistematicamente da dentro e fuori il Partito democratico». L’opinione del Prc e degli altri partiti a sinistra dei Ds è sicuramente condizionata dalla trattativa sulla legge finanziaria e dal timore che gli equilibri siano troppo favorevoli ai moderati dell’Unione. Ma oltre al braccio di ferro con il Partito democratico sui temi di politica economica pesano anche le preoccupazioni vere sulla sorte del governo.
Tanto che ieri il presidente della Camera Fausto Bertinotti ha buttato acqua sul fuoco per ridimensionare le bordate dei vertici del suo partito. L’ipotesi neocentrista? «Non capisco cosa voglia dire. Se è un’ipotesi di governo, con tutta evidenza non esiste. Se invece si parla di una soggettività politica da costruire, ognuno ci provi e faccia la sua strada». Bertinotti nega anche che la maggioranza sia a rischio e liquida i timori dei suoi con una battuta: «Siamo tutti precari».
Ma nel suo partito c’è anche chi comincia a misurare la durata del governo in mesi. «In questa situazione è impossibile non nutrire serie preoccupazioni per quel che potrebbe accadere nei prossimi mesi, quando il Parlamento discuterà sia la Finanziaria sia il protocollo Damiano», ha spiegato il capogruppo del Prc al Senato Giovanni Russo Spena, anche lui convinto che i rischi vengano tutti dall’ala destra della maggioranza. «Se forze e aree moderate non si riconoscono più nell’alleanza che ha vinto le elezioni del 2006, hanno il dovere politico ed etico di dirlo apertamente, invece di cercare in tutti i modi di addossare le responsabilità delle loro scelte alla sinistra della coalizione».
A sostegno di questa tesi, per la verità non nuova, i partiti della sinistra radicale ricordano che non sono stati loro a mettere in difficoltà il governo al Senato sulla Rai. E legano tutto alle fusioni e scissioni che stanno caratterizzando Ds e Margherita. «Le turbolenze e le agitazioni di quest’area, evidentemente, la nascita del Pd le ha acuite ancora di più», ha spiegato Pino Sgobio, capogruppo del Pdci alla Camera.
E in queste acque agitate si sentono più forti.

Il prezzo delle fedeltà lo ha indicato il ministro alla Solidarietà sociale Paolo Ferrero che, rispondendo al segretario generale della Uil Luigi Angeletti, ha detto che il protocollo su pensioni, welfare e lavoro, «andrà modificato e migliorato», in particolare sul mercato del lavoro per «far sì che la lotta alla precarietà sia un po’ più incisiva». E questo, ha assicurato il ministro di Rifondazione comunista, anche Angeletti lo sa.

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