Pd: quei colpi bassi tra Bersani e Franceschini

Mentre il capo della minoranza interna del Pd chiama Fini per scongiurare il voto anticipato, il leader tira l’ex An per la giacca sul patto repubblicano. E  Vendola mette il dito nella piaga: alternativa ancora tutta da costruire

Pd: quei colpi bassi tra Bersani e Franceschini

Roma - Gratta gratta, dietro le prese di posizione del principale partito di opposizione fa sempre capolino qualche motivazione tutta interna.
Così, ad esempio, c’è chi ai piani alti del Pd spiega che la decisione del segretario Pier Luigi Bersani di rilanciare con tutti i crismi dell’ufficialità, tramite intervista all’Ansa, l’offerta di «patto repubblicano» a Gianfranco Fini, è stata provocata dalle mosse del suo ex antagonista congressuale, Dario Franceschini. «Era necessario dare una sponda esplicita al presidente della Camera, tanto più dopo le telefonate che gli fa Franceschini», spiega infatti un membro dalemiano della segreteria Pd.

Sabato infatti è circolata la voce che il capogruppo del Pd a Montecitorio, oggi capo della minoranza interna al partito, avrebbe chiamato, dandogli solidarietà nella «bella battaglia» dentro il Pdl, e rivolgendogli anche un invito: «Tieni duro sul bipolarismo, per tutti noi è un bene sacro». E un perplesso Fini avrebbe commentato con i suoi: «Ma Franceschini sta con Berlusconi? Non lo sa che blindare questo bipolarismo significa fargli un favore?». I virgolettati attribuiti ai due sono comparsi sabato mattina sul Riformista, quotidiano ritenuto filo-dalemiano e filo-bersaniano, al punto che il suo direttore Antonio Polito è stato ultimamente indicato come possibile successore della veltroniana Concita De Gregorio alla guida dell’Unità. E tanto è bastato perché Bersani decidesse di lanciare la sua proposta di «patto repubblicano» che superi i confini del bipolarismo, mettendo insieme un variopinto schieramento parlamentare, da Fini a Di Pietro, contro la «deriva populista e plebiscitaria» incarnata da Silvio Berlusconi.

Un’interpretazione forzata, quella che vorrebbe le due anime del Pd intente a litigarsi Fini pro o contro il bipolarismo? Fatto sta che ieri Franceschini ha ribadito, sia pur con altre parole, il concetto. Avvertendo il segretario Pd che «Fini resterà un nostro avversario e non bisogna trascinarlo in scenari confusi e in schemi di grande centro». E assicurando al presidente della Camera che la sua scelta è «coraggiosa e intelligente» nella misura in cui Fini si limiterà a «costringere un partito padronale ad un bagno di democrazia», senza spingersi fino alla scissione del Pdl, che «metterebbe inevitabilmente a rischio il bipolarismo».

Ieri Bersani non è tornato sul tema, ma ha affidato a Filippo Penati la replica a quanti, dentro il Pd e non solo, hanno criticato la sua uscita. «La proposta di un patto repubblicano è chiara: chiediamo a tutte le forze che intendono contrastare il rischio di deriva plebiscitaria di ritrovare unità, per fare riforme che siano nella cornice della nostra Costituzione». Dal fronte finiano, che ieri aveva respinto duramente le avances del Pd («Volgare provocazione», secondo Andrea Ronchi), apre uno spiraglio a Bersani il direttore di Farefuturo Alessandro Campi, che in caso di crisi della maggioranza immagina un «governo tecnico con un solo punto all’ordine del giorno: l’eliminazione di quell’obbrobrio che è l’attuale legge elettorale».

Intanto dalla maggioranza del Pd Rosy Bindi mette in guardia contro le aperture a pezzi di maggioranza: «L’opposizione non deve puntare sulle divisioni del centrodestra, ma su una grande proposta di alternativa. Che noi stiamo costruendo».

Fuori dal Pd, anche il leader di Sinistra ecologia e Libertà, Nichi Vendola, non condivide le «mani tese» alla destra e nota: «Il centrosinistra è più preoccupato del centrodestra nello scongiurare elezioni anticipate, e questo la dice lunga sul fatto che il cantiere dell’alternativa è ancora tutto da costruire».

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