Antonio Signorini
da Roma
Una «fase due» secondo la formula di Piero Fassino oppure un «ciclo di azioni», come preferisce dire il ministro dellEconomia Tommaso Padoa-Schioppa, preoccupato che il primo concetto equivalga a una bocciatura di quanto fatto fino ad oggi dal governo. E quindi della Finanziaria. Il dato è comunque che governo e maggioranza stanno spostando i riflettori su quello che succederà nel dopo manovra. E tutti concordano nel dire che si dovranno fare le riforme, a partire da quella delle pensioni, anche se nessuno spiega in quale direzione.
Il segretario dei Ds ha chiesto di nuovo quella «fase due» che il principale interessato, cioè il presidente del Consiglio Romano Prodi, scansa come la peste, forse perché Fausto Bertinotti evocò lo stesso concetto prima di far cadere il suo primo esecutivo. Unallergia che vede il premier in sintonia con il ministro alla Famiglia Rosy Bindi («Questa distinzione tra le fasi la rispedisco al mittente») e con il responsabile dellEconomia («Non mi piace se si intende per fase uno quella del risanamento e per fase due quella dello sviluppo. Risanamento, equità e sviluppo sono presenti in ogni azione di governo»).
Il messaggio rilanciato ieri dal segretario Ds è comunque quello di far partire la nuova fase riformando la previdenza: «È la prima cosa che dobbiamo mettere in campo da gennaio e i sindacati non si devono tirare indietro». Legato a questo cè il capitolo degli ammortizzatori sociali. Poi bisogna «rilanciare alla grande il pacchetto delle liberalizzazioni. Non sarà un compito facile. Le resistenze da superare, dentro e fuori dalla coalizione, sono tante. Ma la volontà di provarci e di andare fino in fondo cè». La lista di Fassino ricorda quella fatta dal vicepremier e leader della Margherita Francesco Rutelli.
Con laggiunta, dal palcoscenico mediatico di Porta a Porta, di altre due note «riformiste»: la prima sul pubblico impiego: «Siccome lo Stato garantisce la certezza del posto di lavoro, credo abbia il diritto di chiedere una mobilità molto più elastica». La seconda sul fisco: «Sono daccordo ad aprire la discussione tra le organizzazioni degli artigiani e il governo sugli studi di settore».
Ancora una volta il leader della Quercia non è entrato nel merito del come si dovrebbero realizzare le politiche della nuova fase. Unindicazione precisa sulle pensioni lha invece data il Partito dei comunisti italiani che rifiuta il concetto stesso di riforma se non nel senso indicato dal programma elettorale dellUnione: «Leliminazione dello scalone introdotto dalla riforma Maroni e laumento delle pensioni più povere». Una posizione, quella del Pdci, che secondo linterpretazione del centrodestra svela le vere intenzioni controriformatrici dellUnione. Mentre per i sindacati è solo la dimostrazione della confusione che regna nellesecutivo. A sostenerlo è il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani: la Cgil ritiene «inammissibile trattare con un governo in cui ci sono, sullo stesso problema, tre posizioni». Il riferimento del sindacalista è al fatto che nellesecutivo cè chi, cioè lestrema sinistra, vuole abolire lo «scalone» (il passaggio delletà della pensione da 57 a 60 anni con 35 anni di contributi che dovrebbe scattare nel 2008), chi - seguendo le indicazioni dellUe - vorrebbe rendere la riforma Maroni ancora più stringente e chi vorrebbe lasciare tutto comè. I sindacati hanno siglato con il governo un «memorandum» e «lo onoreranno», ha assicurato Epifani. «Per quanto riguarda il sindacato Fassino può stare tranquillo. Non so se può esserlo altrettanto per quanto riguarda il governo e la sua maggioranza».
Anche il responsabile dellEconomia ha delineato il suo programma post-Finanziaria, molto più vasto di quello di Fassino: «un ciclo di azioni» che comprende «più concorrenza e maggiore tutela dellutente, più concorrenza nel campo energetico, snellimento di strutture amministrative pubbliche, riforma delle pensioni, ripresa eventuale del processo di privatizzazioni».
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