Penati invita Albertini a pranzo: «Ma taci su nomadi e Serravalle»

Il presidente della Provincia: «Sennò mi mangio un panino»

C’eravamo tanto amati. Prima dello sgombro del campo nomadi, prima della scalata a Serravalle, prima del ricorso alla Corte dei conti, prima del veleno sparso ormai da qualche mese tra le righe dei comunicati ufficiali e nei titoli dei giornali. Pare una vita fa quando la diplomazia gastronomica stringeva patti tra Comune e Provincia facendo sembrare ormai un ricordo il gelo istituzionale ai tempi della guerra fredda tra Ombretta Colli e Gabriele Albertini. Stessa scuderia, il centrodestra, ma caratteri e visioni della vita e soprattutto della politica a dir poco agli antipodi. Poi arrivò Filippo Penati e con lui il disgelo. Una beffa, sembrò, visto il passato comunista e la strettissima osservanza diessina nel presente del dirimpettaio. Ma durò lo spazio di una stagione.
Ora tra i palazzi, Marino e Isimbardi, si è tornati a una fiera rivalità. Tanto da mettere in dubbio, anche quest’anno, il tradizionale pranzo con Albertini invitato alla Festa dell’Unità. Ancor più significativo quest’anno che l’appuntamento è nazionale. Un incontro già saltato l’anno scorso quando il sindaco non aveva gradito alcune aspre uscite del centrosinistra. Non sembrava aria nemmeno quest’anno, dopo il colpo di mano pre-ferragostano di Penati che, sperando nelle ferie altrui e in barba al «patto di sindacato», si era impossessato della Serravalle e nell’agosto assolato autoproclamato re delle autostrade.
E, invece, ieri il colpo di scena. Con l’annuncio che quel pranzo s’ha da fare. Sotto il tendone del Valtellina, uno dei più tradizionali ristoranti della kermesse diessina ormai più incline allo slow food che alla classica salamella. Ad annunciarlo ufficialmente Franco Mirabelli, segretario della federazione della Quercia, a margine della prima giornata del Progressive Social Forum.
Tutti d’accordo, dunque, sul menu? Nemmeno per sogno. Soprattutto quando Penati fa sapere che per mangiare Albertini dovrà accettare le sue condizioni. Nemmeno una parola sulla faccenda Serravalle, né sullo sgombero del campo di via Capo Rizzuto e soprattutto sulla successiva odissea dei nomadi da lì sloggiati. «Altrimenti - minaccia il Penati sornione -, me ne rimango a mangiare un panino al bar davanti a Palazzo Isimbardi. Dove, come ogni giorno, posso litigare con il barista. Io da buon milanista, lui da interista».
Anche Albertini è milanista doc, ma la comune fede calcistica non basterà a superare l’ostacolo. Sembra, infatti, che a Palazzo Marino non l’abbiano presa proprio bene.

E forse anche il sindaco preferirà scegliersi altri commensali piuttosto che accettare le forche caudine imposte dall’ex sindaco dell’ex Stalingrado d’Italia. Saltando così, anche quest’anno, l’appuntamento culinario tra le bandiere rosse.

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