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«Penati vuole le mie scuse? Non commento»

Il sindaco smentisce: non ci ha mai offerto 270 milioni per comprare le nostre quote. Oggi assemblea al «veleno» per il rinnovo del cda

Ormai è guerra. Mai visto Gabriele Albertini così irrigidito, mai sentito Filippo Penati così duro. Forse perfino troppo stretto, il diessino presidente della Provincia, nell’abito del «resistente» che si era ritagliato nell’intervista al Giornale contro l’invasore di Palazzo Marino. Lo scontro tra Palazzo Isimbardi e Comune sulla Serravalle, la società che gestisce l’autostrada per Genova e le tre tangenziali milanesi, è ormai senza quartiere. Tutti coinvolti: i giudici, giornalisti e tivù, gli archivisti a caccia delle lettere che i due si scambiavano quando filavano d’amore e d’accordo o quando cominciavano a incrinare l’idillio sbocciato tra i palazzi. Ieri, dopo le bordate del weekend, è arrivato il momento della resa dei conti. Una mattinata di frenetiche consultazioni di entrambi con i consiglieri più fidati e nel pomeriggio, alla vigilia dell’assemblea al veleno di oggi per il rinnovo del cda e la nomina del nuovo presidente, arrivano le bordate.
Parte Penati con una richiesta di «scuse pubbliche», dopo le sempre più frequenti dichiarazioni del sindaco sulle presunte irregolarità nell’acquisto del pacchetto di azioni dal socio privato Marcellino Gavio. Arruolato, secondo il sindaco, da Unipol per la scalata a Bnl grazie alle plusvalenze in denaro pubblico incassate dalla Provincia. Era l’11 luglio, precisa Penati, quando Penati aveva offerto al Comune fra i 250 e i 270 milioni in cambio delle sue azioni di Serravalle. «E ci sono articoli sui quotidiani dello stesso giorno - incalza - che provano questa offerta. Le dichiarazioni di Albertini si rivelano un clamoroso autogol. Sabato il sindaco ha dichiarato: “Penati ha pagato la scalata di Gavio”. Oggi chiedo ad Albertini di prendere atto della completa estraneità mia e di questa amministrazione provinciale rispetto alla vicenda Unipol-Bnl». Ma non solo. «Domenica - prosegue Penati - ho chiesto al sindaco di andare immediatamente dai magistrati per riferire quello che sa. Ora aggiungo la richiesta di scuse pubbliche».
«Non ho nessun commento da fare», la gelida risposta dell’Albertini furioso. Che, intanto, mette alla frusta i suoi più alacri collaboratori incaricati di ripescare una lettera datata 3 agosto 2005. «Caro Filippo», l’intestazione ancora a penna. «Con stima e amicizia», la chiusa a testimonianza di tempi e rapporti ben diversi. «Mi corre l’obbligo - si legge - di smentire quanto da Te dichiarato agli organi di stampa circa un presunto “rifiuto netto” da parte del Comune di Milano a vendere la propria partecipazione nella Milano Serravalle.

Infatti il Comune di Milano non ha ricevuto dalla Provincia nessuna quantificata offerta di acquisto e tanto meno per la somma di 270 milioni di euro, come invece da Te dichiarato alla stampa». Nessuna offerta di acquisto. E Albertini affonda. «Ove fossi in errore, Ti invito, dopo avermi inviato copia formale dell’offerta, di renderla pubblica». Una sfida, fanno sapere da Palazzo Marino, ancora valida.

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