"Pensioni, pronti a sfidare Bossi"

Il deputato Santo Versace si schiera con la fronda Pdl: "Basta vecchi privilegi, donne a riposo a 65 anni e via gli assegni di anzianità"

"Pensioni, pronti a sfidare Bossi"

Onorevole Versace, sta con i frondisti?
«Questa non è la manovra di Silvio Berlusconi».

E di chi è? È figlia di nessuno, come ha ironizzato Pier Luigi Bersani?
«È stata scritta in fretta e furia. Ha presente la tempesta finanziaria di questi giorni?».

Purtroppo è ancora in corso.
«La Banca centrale europea non ci avrebbe aiutato se non ci fosse stato quell’intervento, ma adesso la palla passa al Parlamento che è sovrano e che dovrà correggere il tiro».

Allora Santo Versace sta con i frondisti per davvero? Sta con Antonio Martino che minaccia una marcia antitasse su Roma, sta con il sottosegretario Guido Crosetto, sta con Giorgio Stracquadanio?
«Io sono per cambiare le cose per davvero».

Belle parole. In concreto?
«Anzitutto dobbiamo riaprire il dossier pensioni. Dobbiamo abolire quelle di anzianità e alzare quelle di vecchiaia: anche le donne devono smettere di lavorare a 65 anni».

E Bossi chi lo sente?
«Mi dispiace per Bossi e per la Lega ma non dobbiamo mollare su un punto così importante. Non possiamo difendere privilegi del passato. Ma lo sa che in Germania si va in pensione a 67 anni? Io, per esempio, lavorerò finché ne avrò le forze».

Adesso esagera: lei è il presidente del gruppo Versace, un colosso del made in Italy.
«Tutto quello che vuole. Ma se non tocchiamo le pensioni, saremo costretti a fare una manovra dietro l’altra. Io credo che su questo fronte si possano recuperare in un periodo di tempo relativamente breve almeno 4 miliardi di euro».

Sfiderà Bossi in aula?
«Io dirò quello che penso. Non solo sulle pensioni».

Dove attaccherà la Lega?
«Anche le province, come le pensioni di anzianità, devono sparire».

Tutte?
«Ma certo, questa storia del limite di abitanti e dei chilometri quadrati è ridicola. Via, via. Risparmieremo sei, sette, dieci miliardi di euro. Ma le pare possibile, per fare un esempio, che il Molise si sia staccato dall’Abruzzo e che abbia a sua volta due province. È una vergogna».

Non sarà facile intervenire col bisturi.
«Lo so che il mio può sembrare il libro dei buoni propositi, ma il momento è eccezionale, in un certo senso siamo costretti a cambiare. Dobbiamo sfruttare la situazione drammatica che ci obbliga a intervenire senza se e senza ma. Lo stesso discorso vale, naturalmente, per i piccoli comuni».

È già previsto l’accorpamento per quelli fino a mille abitanti.
«Dobbiamo tener duro e se possibile alzare ancora l’asticella. I tedeschi, che sono gente seria, hanno fissato il limite minimo a 25 mila abitanti».

Secondo lei in Italia si può fare un discorso del genere?
«Da qualche parte bisogna pur cominciare».

Infatti il governo ha cominciato dalle tasse.
«Dobbiamo correggere gli interventi. Che devono essere strutturali, le misure tampone non servono».

La maggioranza è debole.
«Non sottovaluti il Parlamento. E non sottovaluti la voglia di cambiare di molti parlamentari del Pdl».

Ce la farete a incidere?
«Dobbiamo eliminare anche il 90 per cento delle auto blu. Risparmieremo altri 4 miliardi di euro».

Ma queste auto blu quando finiranno di tagliarle?
«Prima era anche peggio. Ma non dobbiamo fermarci. E dobbiamo dare un segnale importante anche sulla trasparenza».

La trasparenza? Come dire: brevi cenni sull’universo.
«Ma no: la pubblica amministrazione spende ogni anno 140 miliardi di euro per l’acquisto di beni e servizi».

E allora?
«Diciamo che almeno venti miliardi rientrano nel calderone degli sprechi per non dire altro».

Ruberie?
«Malversazioni».

Lo dice lei?
«Lo diceva Transparency International, adesso lo ripete anche la Corte dei conti. Non è così difficile cambiare».

Perché continua a sfogliare il libro dei sogni?
«No, se la manovra va in porto così, il Pdl prende una mazzata alle prossime elezioni. Dobbiamo cercare altre strade. Che sono lì, davanti agli occhi.

Lei pensi che il contributo di solidarietà vale 3,8 miliardi di euro. Solo la portaerei Cavour, di cui potremmo agevolmente fare a meno, potrebbe essere venduta, magari con un’asta aperta a cinesi e indiani, a 2 miliardi di euro. Mi creda, in Parlamento faremo scintille».

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