Perché non sono un moderato

La discussione sul partito Forza Italia ha scatenato su questo Giornale lo Tsunami della base, cioè di quei due milioni di voti perduti fra il 2001 e il 2006 che non si possono liquidare con una battuta, e ha fatto venir fuori elementi importanti dell’identità non soltanto di Forza Italia, ma di tutte le persone libere. Punto primo: il rassicurante sondaggio pubblicato nei giorni scorsi su queste pagine, secondo cui la Cdl (ma quale Cdl? chi dentro, chi fuori e chi dove?) sarebbe in vantaggio di 5 punti sull’Unione è confortante ma allo stesso tempo non vuol dire molto. Vorrebbe dire se si andasse a votare domani. Ma non si va a votare domani e anzi sa solo Iddio (mentre dovremmo essere noi a saperlo) se e quando si andrà alle urne e dopo quali pasticci e posticci parlamentari.
Punto secondo: lo stesso sondaggio fornisce un dato incontrovertibile e serissimo, molto più denso di contenuti del rassicurante vantaggio sulla carta. E quel dato è l’avversione pressoché totale dell’elettore di Forza Italia alla spedizione in Libano non si sa contro chi, a favore di chi e per che cosa, chiacchiere e retorica a parte, cui si aggiunge l’avversione di una buona parte, circa la metà, dello stesso elettorato dell’Unione che non vuole vedere militari, militarismo, sventolio di bandiere e fucili in spalla. Risultato: se il sondaggio dice la verità sulla ripresa della Cdl (non per suo merito, ma per caduta libera della credibilità di Prodi & C.), allora dice anche la verità sul Libano e più specificamente dice che è stato e resta un terribile errore dire sì al bellicismo «onu-nista» con cui il traballante governo si dà all’onanismo politico rendendo partecipi le folle televisive dei propri orgasmi attraverso una Rai militarizzata.
Punto terzo, a proposito di Rai: come mai la Cdl, noi insomma, non abbiamo mai dato battaglia sul conflitto di interessi del governo e della maggioranza su Raitre e il Tg3? In altre parole: vi siete mai chiesti, cari lettori, elettori e concittadini, per quale accidente di motivo la sinistra (erede del vecchio Pci) possiede per diritto divino un terzo del servizio pubblico televisivo che voi tutti pagate con il canone? Ormai nessuno lo ricorda e proverò a rinfrescare la nostra memoria. La terza rete del Pci (e suoi successori) fu uno dei compensi che Botteghe Oscure ricevette negli anni Ottanta per il fatto che i comunisti italiani, che mai riuscirono a vincere le elezioni, erano esclusi anche dai governi di coalizione per motivi internazionali, e cioè perché i Paesi della Nato non avevano alcuna intenzione di condividere con dei ministri comunisti i segreti militari della guerra fredda che era ancora molto calda ancora ai tempi del primo Gorbaciov. Fu così che il Pci ricevette in appannaggio compensativo la presidenza della Camera, la presidenza di molte importanti Commissioni parlamentari e un terzo del servizio pubblico televisivo. Raitre e Tg3 furono fatte benissimo, in modo intelligente, anzi geniale, come mai il centrodestra ha saputo fare, e costituirono la punta di lancia della penetrazione psicologica, emotiva, culturale, comportamentale e infine elettorale della sinistra, con il sostegno coordinato (ecco un altro speculare fallimento della comunicazione della gente libera e liberale) della Repubblica di Scalfari e dell’Espresso, teleguidato dallo stesso Scalfari attraverso Giovanni Valentini.
Quel mondo è finito, i comunisti sono al governo oggi, erano al governo dieci anni fa, ma non si capisce più perché un terzo del servizio pubblico è sempre loro, sia che stiano a Palazzo Chigi, sia all’opposizione. Qualcuno lo deve spiegare. Loro si difendono con un imbroglio, dicendo che no, per carità, non si tratta di occupazione partitica ma di «linea editoriale», insomma un prodotto adatto agli italiani di sinistra che «arricchisce il pluralismo». Un puro falso. Intanto perché non esiste il simmetrico pluralismo, un terzo del servizio pubblico al servizio degli anticomunisti democratici. E poi perché non è vero. Quando Letizia Moratti, presidente della Rai, si mise in testa di rompere questo incantesimo perverso e proporre proprio il mio nome per la direzione del Tg3, accadde quanto segue. Il suo assistente particolare Agostino Saccà, futuro direttore generale della Rai, mi chiamò per avvertirmi che per poter essere proposto come direttore al Consiglio d’amministrazione della Rai, dovevo prima telefonare a Massimo D’Alema e ottenere la sua approvazione. Mi misi a ridere: stai scherzando?, chiesi. No, rispose: sono le regole. E allora telefonai a D’Alema il quale, in modo molto cordiale e anzi amichevole mi disse: «No, mi dispiace, tu non puoi fare il direttore del Tg3 perché una cosa del genere sarebbe vissuta da quella redazione come un episodio di maccartismo» (cioè di anticomunismo forsennato e psichiatrico alla maniera del senatore del Wisconsin, Joseph McCarthy, ndr). Quindi io, proprio io, sperimentai senza ombra di dubbio e possibilità di smentita l’abusivismo comunista nel servizio pubblico. E anzi, quando poi, qualche tempo dopo, resi noto l’episodio D’Alema si infuriò con me e mi tolse il saluto.
Così stanno le cose sul conflitto di interessi alla Rai normalizzata con la diretta ridicola dello sbarco in Normandia-Libano, con la trasmissione Matrix (Canale 5 di Mediaset, ma che è spesso speculare alla Rai) con cui si accredita con abominevole equidistanza la infernale tesi secondo cui l’11 Settembre gli americani se lo sono fatti da soli e all’insaputa di Al Qaida e malgrado che oggi Bin Laden diffonda le prove filmate della preparazione e regia dell’attacco a New York e Washington; abbiamo al Tg1 Gianni Riotta di cui tutti sono, siamo, obbligati a dire quanto è bravo e quanto scrive bene, ammirati dal fatto che la vecchia nidiata comunista del Manifesto-Columbia University seguiti a sfornare direttori più ancora di Lotta Continua. E Santoro, naturalmente, che parte con una Milano della Moratti peggio degli slums di Baltimora, fra bauscia brianzoli negrieri e volgari.
Non è fantastico? Non è un Paese meraviglioso questo che esce dalla feroce dittatura di Silvio Berlusconi esecrata dalla stampa liberal di tutto il mondo che legge soltanto Repubblica, perché Repubblica sa fare comunicazione internazionale mentre noi siamo ancora alla scuola materna? È bastato un piccolo editto di Sofia di capitan D’Alema nel microfono di Mentana fra un rifornimento e l’altro dei suoi carri armati, e oplà, salta Mimun come al tiro al piattello. E tutti zitti e mosca. Popolo in piazza? Per carità, non dite quella parola o vi daranno, come hanno fatto con me, del girotondino.
Tutto ciò, dovete sapere, si chiama moderatismo. Essere moderati significa dunque chinare la testa, aggregarsi alle iniziative del nemico che ti ha insultato a sangue fino a ieri mattina e dirgli: hai visto come sono responsabile e costruttivo? Mi dai un bacino? Nel convegno dell’Udc il mio vecchio amico Rocco Buttiglione (siamo amici da quando lui era soltanto un bravo intellettuale e io soltanto un cronista che lo intervistava) mi ha dedicato un omaggio, dicendo che per fortuna la «linea Guzzanti sul Libano» è stata sconfitta ed ha vinto quella «moderata». Ha lodato, e gliene sono grato, la mia chiarezza citando San Tommaso secondo cui è meglio l’errore chiaro e netto, piuttosto che la confusione melmosa e ingannevole se si vuole raggiungere la verità. Molto bene. A me invece piace più quella parte del Vangelo in cui quel Joshua che noi chiamiamo Gesù, un rabbi per nulla moderato, urlò «La vostra parola sia sì sì, no no». E sul Libano io, come la maggior parte dei nostri lettori ed elettori seguito a dire no e dirò no al momento del voto, perché quella missione è una miserabile truffa politica e una sanguinosa trappola per i nostri soldati. Io, e non Buttiglione e nemmeno D’Alema, ero a Beirut nell’aprile del 1983 quando gli hezbollah (sì, proprio loro) attaccarono l’ambasciata americana con un camion pieno di esplosivo: 63 morti e 120 feriti. Una carneficina. Ad ottobre, io ero lì e non c’erano i nostri politici, Hezbollah attaccò i militari americani in pieno assetto di guerra: 241 marines morti e 83 feriti. L’America non replicò, non fece rappresaglie, non bombardò. Gli Stati Uniti d’America fecero le valigie e lasciarono il Libano, ma seguitarono a perdere uomini, militari e civili perché Hezbollah colpiva come e dove voleva. Oggi Al Qaida (Ayman al Zawahiri in un video trasmesso da Al Jazeera) dice: «La risoluzione 1701 umilia i musulmani. Il problema è più grave con la risoluzione 1701 e con altri documenti simili designati a umiliare i musulmani».
Non so se qualcuno capisce l’antifona e la trova moderata. Chiudere gli occhi davanti al rischio di una inutile carneficina è dunque da moderati? E rispetto a quello che succede nella televisione pubblica e privata italiana dobbiamo forse concludere che moderato vuol dire cieco, sordo e flessibile, ma amabile? Non capisco e non mi adeguo, per parafrasare l’immortale caricatura del comunista romagnolo di Maurizio Ferrini. Io sostengo, confortato dalla quasi totalità dei nostri lettori ed elettori, che questo non è il momento dell’adeguamento e della convivenza pacifica, ma di tracciare la nostra «Road map»: quella in cui si disegna il percorso per arrivare a liberare l’Italia delle pastoie e degli inciuci, portandola il più rapidamente possibile al crollo di un governo indecente e dannoso, oltre che tragico e comico, che sopravvive con colpi di mano e usurpazioni parlamentari, e portarla subito alle elezioni generali anticipate.

Io seguito a credere che questa sia la via limpida, trasparente e vincente per tornare alla vittoria e che non sia affatto l’ora dei moderati perché questa è semmai «la loro ora più bella» (come titolava Winston Churchill riferendosi agli effimeri trionfi del nemico) e la nostra ora, invece, è semmai l’ora della riscossa e se dobbiamo essere in guerra, anche in nome di Oriana Fallaci, dobbiamo esserlo consapevolmente e a fianco del mondo libero e occidentale e a fianco di Israele, consapevoli che questo mondo è sotto attacco sempre e comunque, come sta imparando il saggio ed ottimista sommo Pontefice che si era illuso di dialogare con un Islam ragionevole che esiste soltanto negli articoli di fondo dei moderati.
p.guzzanti@mclink.it

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