Marsciano - Ha trascorso dormendo, tranquillo in apparenza, la sua prima notte in cella. Ma non ha mangiato praticamente nulla, mentre ha accettato la visita dello psicologo di buon grado. Per Roberto Spaccino, d'altronde, la prima compagna nel carcere perugino di Capanne è la solitudine. Inevitabile, considerato che per lui l'isolamento è totale, e che il divieto di colloquio è stato esteso ai suoi difensori, almeno fino all'interrogatorio di garanzia, in calendario per domani. Solo in cella, solo nell'ora d'aria. E forse, dopo l'ansia e la pressione degli ultimi giorni, con il cerchio delle indagini che si stringeva intorno al suo nome, disinteressarsi di quanto accade fuori è quasi una difesa naturale, per l'uomo accusato di aver ucciso sua moglie, incinta all'ottavo mese di una bambina, e di aver poi tentato di sviare le indagini simulando una tragica rapina. La calma dietro agli alti muri del carcere che ora lo rinchiude non si specchia nel mondo esterno. I suoi difensori sono al lavoro, ed è al lavoro la procura.
Il Ris è al lavoro sulle macchie di sangue trovate sul pavimento, accanto al corpo della vittima, ma difficilmente depositerà gli esiti di alcune delle perizie prima dell'interrogatorio di domani. Ieri c'è stato anche un nuovo vertice tra investigatori e pm, tra i filoni di un'indagine che prosegue anche la ricerca di eventuali complici, soprattutto all'interno della famiglia Spaccino. E ancora, agli atti dell'inchiesta si sarebbe aggiunto un nuovo verbale. Quello di una donna, un'amante del marito di Barbara, una donna di Perugia che sarebbe stata identificata e interrogata proprio ieri. Una testimonianza raccolta per chiarire se Roberto era aggressivo anche con lei, per chiederle cosa dicesse della moglie, e se avesse manifestato l'intenzione di lasciarla. Resta tra i moventi la gelosia «inversa», e i sintomi di un rapporto in crisi. Che sarebbero emersi anche dal racconto di un fratello dell'uomo arrestato, Stefano, il quale ha messo a verbale che al centro di alcune delle litigate tra i coniugi Spaccino c'erano «le donne di Roberto».
Ma Luca Gentili e Michele Titoli, gli avvocati che difendono l'indagato, dopo aver messo le mani sull'ordinanza si preparano a confutare le conclusioni di pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari. «Dalla lettura del provvedimento - spiega Gentili - emerge con chiarezza che nemmeno le presunte incongruenze che hanno dato luogo alle accuse di simulazione di reato sono incontrovertibili. E quanto alle asserite violenze reiterate e pregresse messe a verbale dai familiari di Barbara Cicioni, agli atti non ci sono né denunce né certificati medici che possano riscontrarle». Insomma, gli elementi probatori non sono schiaccianti. Non c'è la pistola fumante, e il collegio difensivo contesta anche quella che al momento è la chiave di volta dell'ordinanza che ha portato Spaccino dietro le sbarre, ossia l'ora della morte di Barbara, non compatibile secondo gli inquirenti con la ricostruzione fatta dal marito. Mancano certezze, e manca un riscontro scientifico alle accuse, ribadiscono Gentili e Titoli. Così, probabilmente, domani Roberto si avvarrà della facoltà di non rispondere.
Quasi una «scelta obbligata», insistono gli avvocati, «se fino ad allora resterà il divieto di incontrarlo e parlare con lui». Difficile studiare una strategia difensiva, senza prima potersi confrontare con l'indagato. Ma la procura forse spera che l'uomo confessi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.