I provvedimenti sono scattati per i reati di truffa aggravata ai danni del servizio sanitario nazionale e di falso in atto pubblico e riguardano allontanamenti dal luogo di lavoro per mezzo dell'utilizzo del badge marcatempo fatto ad opera di terzi.
Secondo quanto appurato dai carabinieri del Nas, al comando del luogotenente Orazio Pellegrini, con una indagine partita il 26 settembre e conlusa lo scorso 29 giugno, i coinvolti avrebbero denunciato lo smarrimento o il furto del badge facendosene così consegnare un'altra copia (in un caso addirittura due) che affidavano al coniuge, all'amica, al collega per farsi marcare la presenza. Questi comportamenti sono stati individuati e provati con appostamenti, pedinamenti, indagini tecniche (intercettazioni telefoniche), addirittura videoriprese. Il capo della procura Nicola Miriano ha sottolineato che le misure cautelari erano ormai necessarie. Gli inquisiti, per nulla intimoriti dall’arresto di una caposala e di due infermieri, molti «liberi» nell’uso del cartellino, «persistevano nelle condotte delittuose, provvedendo, malgrado apparentemente in servizio o assenti per malattia, a svolgere attività lavorativa presso esercizi commerciali privati o dedicarsi alle ordinarie incombenze domestiche». La stragrande maggioranza dei dipendenti coinvolti, probabilmente, non si è reso neppure conto della gravità delle azioni. Forse perché il sistema andava avanti da tempo e il frodare l'amministrazione era diventato un comportamento normale, usuale o quasi. Uno dei soggetti che per nove mesi aveva allegramente raggirato l'Azienda ospedaliera, quando gli hanno notificato l'ordine di arresto del giudice, ha ribattuto: «E ora come faccio a spiegare in reparto che non vado al lavoro?».
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