Roma - Tredicesime più leggere, falcidiate
dal fisco, dall’aumento dei
tassi sui mutui casa, dal caro energia.
Il piccolo tesoretto del lavoratore
dipendente italiano - quello destinato
agli immancabili regali di
Natale - è a rischio. Carlo Sangalli,
a poche settimane dalla stagione
clou dei consumi, lei vede pericoli
in arrivo per l’economia?
«Mi sembra evidente - risponde il
presidente della Confcommercio, la
maggiore organizzazione imprenditoriale
del terziario - che stiano
emergendo segnali palpabili di rallentamento
dell’economia: vedo
una produzione industriale che frena,
registro che gli indici di fiducia
dei consumatori sono tutt’altro che
brillanti. Per fortuna, di solito l’andamento dei
consumi natalizi è caratterizzato
da una certa autonomia nei
confronti del ciclo economico. L’italiano
ha sempre qualche risorsa in
più da spendere per Natale. Tutto
questo non toglie verità alla sensazione
di fondo: la crescita non è stata
brillante quest’anno, risultando inferiore
al 2%, e nel2008 rallenterà ancora,
sensibilmente. Prevediamo
che i consumi non cresceranno, nel
2008, più di un modestissimo
1,3-1,4%».
Che sia colpa di un fisco che lascia
poco nelle tasche degli italiani?
«I dati elaborati dalla Cgia di Mestre
sulla fiscalità che grava sui lavoratori
dipendenti conferma una verità di
fondo, che non ci stancheremo mai
di denunciare: uno dei grandi problemi
dell’economia italiana - e che
ha forte impatto sui consumi - è il
livello troppo elevato della pressione
fiscale. E la legge finanziaria appena
approvata dal Senato non la riduce
di un’unghia».
Ecco, presidente, che giudizio danno
i commercianti sulla Finanziaria?
«Uso tre aggettivi: è leggera, debole,
redistributiva (ma senza pensare allo
sviluppo). Mi spiego. Una Finanziaria
che peggiora il deficit 2008 rispetto
agli andamenti tendenziali è,
per definizione, leggera. È anche debole
perché non mette in campo alcuna
misura effettiva per controllare
la spesa pubblica: penso a quanto
costeranno l’assunzione dei precari
della Pubblica amministrazione
e il nuovo contratto
del pubblico impiego; e
nonoso pensare alla copertura
della spesa
pensionistica per i lavori
usuranti. È una Finanziaria
redistributiva, certo:
leggo sul Sole-24 ore che all’assistenza
vanno 6 miliardi, allo
sviluppo un miliardo e ottocento milioni.
La sintesi? Il governo ha scelto
di agire secondo un orizzonte politico
di breve termine. Nella prospettiva
attuale sarebbe stata necessaria
una politica economica pensata per
reagire al rallentamento del ciclo».
E invece?
«Invece abbiamo una Finanziaria
dal fiato corto, fatta per massimizzare
qualche consenso sociale nel breve
termine».
Torniamo al fisco. Il governo si vanta
della riduzione dell’aliquota
Ires, e del forfait
per le piccolissime attività.
«Subito dopo il varo del disegno di
legge finanziaria, il viceministro Visco
ha ricordato che la pressione fiscale
è ai livelli record dal Dopoguerra:
è vero, ma sorprende che nessuno
abbia fatto qualcosa in proposito.
In Finanziaria ci sono operazioni di
semplificazione, che pur apprezziamo,
ma che comunque non riducono
la pressione fiscale. Vale per l’Ires
(dove l’ampliamento della base imponibile
bilancia abbondantemente
lo sconto di aliquota) e vale per il forfait
dei contribuenti minimi».
Fisco, tassi d’interesse in aumento,
rallentamento economico: un cocktail
che potrebbe diventare tossico.
«Il primo effetto del cocktail è che
l’anno prossimo la crescita dei consumi
non supererà l’1,3-1,4%. Non
sono tempi felici né per i consumatori
né per le imprese commerciali
che, fra l’altro alle prese con il contratto
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