Il «piano B» del premier: riforma del fisco

Roma Il «piano B» è argomento di discussione ormai da giorni. Perché al di là delle dichiarazioni pubbliche Silvio Berlusconi è ben consapevole che la tornata amministrativa potrebbe chiudersi con una doppia sconfitta. E perse sia Milano (culla politica del Cavaliere) che Napoli (città simbolo dei disastri del centrosinistra in quest’ultimo decennio) il rischio di contraccolpi sul governo è concreto.
Ecco perché ieri l’argomento ha aleggiato durante l’ufficio di presidenza del Pdl, perché è chiaro che se il risultato della tornata elettorale fosse davvero negativo la priorità è quella di correre immediatamente ai ripari. E che questo sia in qualche modo il sentore del premier lo si capisce quando attribuisce la responsabilità del risultato di Milano e Napoli alla «scelta dei candidati». Una considerazione immediatamente smentita dal sottosegretario Paolo Bonaiuti, anche se assolutamente plausibile visto che da almeno un mese nelle sue conversazioni private Berlusconi non nasconde le sue perplessità sull’appeal di Letizia Moratti.
Il «piano B», dunque. Che punta soprattutto sulla riforma fiscale. Tutta da ragionare, anche se il Cavaliere ha già iniziato il pressing su Giulio Tremonti. Ora è arrivato il momento di finirla con le rigidità, è il senso del messaggio che il premier sta recapitando da giorni al ministro dell’Economia. Perché se sulla «no tax area» per Milano ha pesato l’assenza di entusiasmo di Via XX Settembre, dalla prossima settimana bisogna finirla con i distinguo. E Berlusconi non sembra avercela solo con Tremonti ma anche con tutti gli alleati, big del Pdl compresi.
Tra le idee sul tavolo il Cavaliere rispolvera un suo vecchio cavallo di battaglia. E ipotizza il passaggio dall’aliquota sulle persone fisiche a quella sui consumi. Il senso è far pesare meno le imposte sui redditi cercando di spostare la pressione fiscale sui consumi. In questo modo la gente si ritroverebbe con più soldi in tasca da poter spendere.
Durante l’ufficio di presidenza, poi, il premier punta il dito contro l’oppressione fiscale: basta ganasce fiscali. Il Cavaliere ce l’ha sul modo eccessivamente vessatorio con cui il fisco si rivale sui cittadini, commercianti in particolare. Perché così «la gente non riesce a lavorare in pace». Ci vorrebbero, insomma, nuove regole. Controlli a tappeto, certo. Ma con alcune garanzie e con la possibilità di contraddittorio da parte dei cittadini. Soprattutto sui tempi (per esempio potrebbero essere circoscritti ad un numero specifico di giorni, magari 15).
Il nuovo fronte, dunque, è quello fiscale. Con una decisa stretta a tenaglia su Tremonti, che tutti i ministri - nessuno escluso - considerano uno dei principali responsabili del tonfo elettorale. Ecco perché Franco Frattini (con l’area di Liberamente), probabilmente con il placet di Claudio Scajola, sta preparando una lettera da consegnare a Berlusconi nelle ore successive ai ballottaggi. Una richiesta formale al premier affinché la politica economica del governo torni in capo a Palazzo Chigi.

I termini della missiva sono ancora fumosi - ci stanno lavorando Guido Crosetto, Isabella Bertolini e Giuseppe Cossiga - ma il senso è chiarissimo: tutto o quasi il Pdl chiede formalmente un drastico ridimensionamento di Tremonti.

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