Da una lettera scovata su internet: «Questo pomeriggio mentre giravo su Facebook ho incontrato un nome: Gesù di Nazareth. Ma sarà proprio Lui? adesso provo a chiedergli lamicizia, clic, e subito ha accettato. Sei proprio Tu, il figlio di Maria? (gli ho chiesto). Certo, cosa posso fare per te?. Ho un dolorino qui sotto la spalla, me lo puoi guarire?... Mi dispiace, non posso. Allora mi puoi trovare un lavoro?... Mi dispiace, non posso. Almeno fammi vincere una giocata al lotto... Nemmeno questo posso. Clic, gli ho tolto lamicizia». Ecco, questo è Facebook, più o meno. Ovvero un mondo che oggi si chiama virtuale, ma che in realtà - diciamolo - non si discosta poi da quello che è sempre esistito ancor prima dellera digitale. Ci sono geni e matti, simpatici e antipatici, filantropi e approfittatori, il diavolo e lacquasanta. Cè lumanità, in pratica, almeno quella che sa che cosè un computer. E cè pure chi crede di essere Gesù Cristo: non vi è mai capitato di trovarne uno in giro?
In pratica: Facebook è una piazza, come quelle di provincia che la domenica radunano tutto il paese per fare due chiacchiere. Solo che la piazza è nello schermo di un computer e non ci si deve neppure muovere da casa. Possibile?
Già, tutto vero. E spiegare come funziona è quasi più difficile che entrarci, così come capita con le cose dellera moderna. Anche perché la definizione - social network - è fatta per spaventare. Eppure basta un clic, davvero, chi ha un pc e una connessione a internet non deve leggere manuali, neppure se non è un ragazzo del Ventunesimo secolo ma si sta solo adattando al futuro. Si accede alla pagina iniziale (www.facebook.com) e si inseriscono pochi dati: nome, cognome, indirizzo di posta elettronica e password personale. Clic: siete in Facebook e indietro non si torna.
Hanno fatto così milioni di persone nel mondo, oltre 100 secondo le ultime stime, perché la forza di un social network è quello di andare oltre tutte le frontiere. E oltre tutte le intenzioni. Per esempio: Mark Zuckerberg, allora studente universitario americano e oggi «il più giovane miliardario di sempre», ideò il 4 febbraio 2004 un sito web che consentisse ai vecchi amici del Campus di ritrovarsi e restare in contatto. Voleva solo socializzare: oggi ha un patrimonio netto stimato intorno ai due miliardi di dollari.
E allora: una volta dentro, Facebook si dimostra un mondo molto democratico. Si parte con l«abbordo», ovvero si possono cercare e contattare amici vecchi e nuovi (compagnie, compagni di scuola o di vacanze). E si può essere a propria volta contattati, senza avere lobbligo di avere cattive frequentazioni perché le amicizie, e quindi gli abbordaggi, devono essere accettati. Clic. Ed è come a casa propria: aprire o meno la porta dipende solo da voi. Su Facebook si lanciano messaggi, si racconta la propria vita o gli umori di giornata, si pubblicano foto e video personali, si commentano le attività degli amici, si chiacchiera, si gioca, si fa pubblicità. Semplicemente. E semplicemente si creano gruppi di gente a cui piace lo stesso argomento oppure si diventa fan di gente importante ed è qui che entra in campo la politica, in un comizio dellera moderna che ha già superato la multimedialità delle televisione. Barack Obama è partito da internet per diventare presidente degli Stati Uniti e a oggi su Facebook vanta quasi 8 milioni di fan. Un indice di popolarità diventato quasi una sfida, perché ad esempio Di Pietro batte Bersani (76.906 a 19.506) e Berlusconi (215.021) è quasi come Sarkozy (221.577), ma non come «il pomodoro che avrà più fan di Silvio»: 588.108. Uno scherzo? Certo, perché su Facebook si scherza, come no.
Insomma, se un giovane politico come Giorgia Meloni (8.071) passa unora al giorno per chattare con i suoi fan, il futuro non può non essere lì, nella piazza in cui voti e vita si mischiano per diventare popolarità. Facebook è il luogo dove tutti sono importanti e dove si scelgono gli amici, figurarsi gli elettori. Facebook ormai è il presente ed è per questo che la politica ha trovato la sua nuova agorà.
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