Francesca Amé
«Ogni forma d'arte è, a suo modo, una via d'accesso alla realtà più profonda dell'uomo e del mondo». Disse così Papa Wojtyla, agli inizi degli anni Ottanta, in occasione di un convegno sull'arte sacra. All'indagine di questa realtà e agli sforzi degli artisti moderni e contemporanei per trovare il varco d'accesso, è dedicato il volume «Il velo della Veronica» (Silvia Editrice, pagg. 247, 18 euro) del giornalista e scrittore Domenico Montalto. Una lettura da soppesare pagina dopo pagina in cui l'autore, con l'esclusione dei suoi articoli apparsi nelle pagine culturali di «Avvenire», ha raccolto gran parte della propria attività pubblicistica: commenti, scritti tratti da cataloghi di mostre, interpretazioni apparse su riviste specializzate e altro ancora. «Un mosaico - lo ha definito monsignor Gianfranco Ravasi, prefetto dell'Ambrosiana, nell'intensa prefazione all'opera - le cui tessere non sono identiche per qualità e significato».
L'itinerario di Montalto è infatti composto di una cinquantina di testi, di misura calibrata, che partono da veri e propri giganti della storia dell'arte per approdare a quelle che Ravasi chiama «presenze da villaggio, ossia più circoscritte», ma comunque ispirate, come Giuseppe Rivadossi e Giancarlo Defendi. Da segnalare la raffinata nota su Picasso incisore, il saggio sulla riscoperta di Mario Sironi e il documentato commento sulla «Bibbia» di Marc Chagall.
Ma è il titolo del volume a darci la cifra di questa raccolta di scritti sull'arte e sul senso di fare arte moderna: «L'animale uomo - unico tra le creature - è condannato a un sentire sublime», scrive Montalto.
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